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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

 

Leggendo il libro di Andrea Tone, The Age of Anxiety: A History of America’s Turbulent Affair with Tranquilizers, si è affascinati da come l’autrice abbia saputo coniugare il racconto dell’epopea dei tranquillanti in america, con informazioni preziose sulla società, con le sue preoccupazioni e paranoie, che li andava accogliendo.

Proviamo a fare due esempi, a sessant’anni di distanza l’uno dall’altro.

Nel 1949, dopo anni di intenso lavoro, l’Unione Sovietica fece il primo test nucleare per la nuovissima bomba che cinque anni prima aveva, in pochi tremendi minuti, concluso la guerra tra Stati Uniti e Giappone. Il test ebbe successo, decretando l’inizio della Guerra Fredda e la fine della superiorità nucleare degli Stati Uniti, che si trovavano ad essere, come i nemici sovietici, a rischio di attacchi nucleari.

L’impatto sociale della notizia fu enorme, come la sua pubblicizzazione mediatica. Le famiglie si preparavano al temuto attacco nucleare costruendo bunker antiatomici in cui immagazzinare zuppe in scatola, installando sirene di allarme e piani di evacuazione. Senza dimenticare l’educazione delle giovani menti, istruite nell’arte dell’auto-protezione utilizzando documentari e cartoni come questo, in cui la tartaruga Bert impara presto, se minacciata, a rintanarsi nel suo guscio. “Non importa dove viviamo, se in città o in campagna, dobbiamo essere pronti in qualsiasi momento per la bomba atomica”. In questo contesto, coperto da una patina inquietante di minaccia costante, i sintomi ansiosi non potevano che aumentare vertiginosamente. All’epoca la sostanza ansiolitica in commercio erano i barbiturici, che provocavano però enormi problemi di dipendenza, e le morti per overdose non erano rare. L’anno successivo venne sintetizzato il meprobamato, un tranquillante che molti considerano l’antesignano (quantomeno sociale e culturale) delle benzodiazepine. Immesso sul mercato nel 1955, fu un fenomeno culturale e commerciale enorme: diffusissimo in tutta la società, trovò generosi supporter da parte delle star di Hollywood, divenendo un fenomeno di costume. I portapillole divenivano dei gadget fascinosi e alla moda, e ne venivano progettati da parte di importanti disegnatori. Il meprobamato (nome commerciale Miltown) si incrociò con le angosce nucleari e arriviste di una società convinta di dover correre, e correre forte, per potere vincere la sfida globale con il minaccioso avversario russo. Ansie e angosce, malesseri della mente che rallentavano la gara, andavano sedate.

Facciamo un salto di sessanta anni. Dopo l’undici settembre, le persone in qualche modo coinvolte personalmente nella tragedia (erano presenti sul posto oppure avevano perso qualcuno durante l’attacco) avevano accusato i sintomi del disturbi post-traumatico da stress o le problematiche di un lutto dovuto ad una morte improvvisa, inaspettata e sotto certi aspetti inspiegabile. Quello che non ci si aspettava era invece il picco di sintomi ansiosi nella popolazione che non era stata in alcun modo coinvolta nell’attacco terroristico. Nella definizione di trauma del terzo millennio, non possiamo infatti trascurare l’impatto (ed il relativo statuto di realtà) che i media, con le loro immagini martellanti e pervasive, hanno sulla psicologia dell’individuo. Ed ecco, ancora, i tranquillanti (ormai rinominati ansiolitici), sebbene ormai universalmente riconosciuti come rischiosi. Ed ecco, dopo la tragedia dell’attacco alle Torri Gemelle, un’altra “epidemia” (e nella eco sanitaria di questa parola ci accorgiamo di come certe metafore siano dure a morire) dei disturbi ansiosi nelle loro diverse declinazioni: agorafobia, attacchi di panico, ansia generalizzata, fobie.

Che cos’hanno in comune questi due periodi storici? Una risposta pare fornircela Umberto Galimberti, il quale precisa:

All’instabilità, come tratto tipico della condizione umana, il terrorismo ha aggiunto non un pericolo determinato ma la pericolosità come minaccia non identificabile, e quindi ovunque incombente, che ci attanaglia in quel non-luogo che sono tutti i luoghi, in quell’ora che sono tutte le possibili ore. […] Siamo soliti chiamare questa condizione “paura”, in realtà è “angoscia”. […] L’angoscia, invece, è un sentimento che insorge di fronte all’indeterminatezza di una minaccia non identificabile, non localizzabile, non prevedibile, ma vissuta come certa, come qualcosa che, prima o poi, capiterà.

E l’angoscia di una minaccia al nostro mondo non ha forse, in qualche modo, colpito un po’ tutti?

Ma possiamo parlare di malattia (e quindi di epidemia, di incidenza, di prevalenza, ecc.)? Oppure ci conviene ricordarci che quando usiamo questi termini lo facciamo per comodità, sapendo che in realtà stiamo parlando di uno dei molteplici modi (e uno dei più sofferti) di avere a che fare con noi stessi, gli altri intorno a noi, il mondo che ci circonda? Lo stesso mondo che, quando traballa, ci spinge a rispondere con ansia, o con angoscia?

 

Riferimenti Bibliografici

Galimberti, U. (2009). I miti del nostro tempo. Milano: Feltrinelli.

Le Doux, J. (2015). Anxious. Using the brain to understand and treat fear and anxiety. New York: Penguin Books.

Tone, A. (2009). The Age of Anxiety. A History of America’s Turbulent Affair with Tranquilizers. New York: Basic Books.

 



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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