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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Nei primi mesi del 2020 abbiamo appreso di una nuova malattia che stava imperversando in una remota regione di un remoto paese: la parola Coronavirus stava entrando a far parte delle nostre vite.

Insieme al virus si è fatta però strada una consapevolezza: per la natura stessa dell’agente infettante, il rischio nasce dal contatto con gli altri. Abbiamo quindi assistito a preoccupanti episodi di violenza nei confronti di persone di etnia cinese, e quando ormai il contagio si era allargato in territorio italiano, non a caso nelle regioni più interessate da scambi e relazioni internazionali, abbiamo appreso che il pericolo risiede negli altri.

O meglio: gli esperti virologi ed epidemiologi si sono prodigati nello spiegare correttamente che sono i comportamenti a permettere al virus di circolare, e che quindi proprio questi sarebbero dovuti essere oggetto delle più accorte misure di prevenzione. Ma agli occhi di molti, la percezione della pericolosità del prossimo rischia di essere un tarlo duro a stanarsi, come purtroppo le cronache ci hanno testimoniato più volte, dalla paura (spesso poi tradotta in rabbia) verso i lombardi a quella verso innocenti runner o ciclisti.

Il prossimo è diventato fonte di pericolo, veicolo più o meno consapevole di infezione. E abbiamo visto la mascherina chirurgica (che ha la funzione di proteggere il prossimo e non sè stessi, dato che impedisce ai propri droplet di contagiare gli altri) indossata anche da chi, in solitaria, si reca in macchina a fare la spesa: diventata quasi una sorta di scudo magico, si pone protettiva tra noi e il mondo. Tra noi e la minaccia veicolata dalle persone.

Dobbiamo quindi procedere a tracciare un confine tra i comportamenti dettati dalla responsabilità e dalla corretta informazione e quelli, al contrario, fondati su comportamenti irrazionali e di gestione emotiva del senso di minaccia. A tale proposito non possiamo non notare l’attinenza degli studi che hanno provato a studiare tali credenze, dapprima in ambito antropologico (Frazer, 1925) e poi allo studio delle paure del contagio (Nemeroff e Rozin, 1994). Apprendiamo quindi che tali credenze irrazionali si basano sulla credenza in base alla quale due oggetti che sono stati in contatto fra loro possono influenzarsi tramite il trasferimento di una o più proprietà di vario genere: psicologiche, individuali, gruppali o fisiche.

Dobbiamo essere chiari parlando di queste cose: ovviamente nel caso del Sars-cov2 il contagio esiste. Ma soggettivamente ed emotivamente le persone faticano a distinguere fra le diverse tipologie di contagio, fra il contagio immaginato e quello reale, come è stato evidente nelle prime fasi della quarantena, quando persino il contatto oculare era spesso evitato, quasi il virus si potesse trasmettere attraverso lo sguardo. La paura ha infatti caratterizzato le prime reazioni all’epidemia, spingendo ogni popolo ad agire in base ai canoni che gli sono propri: e se negli Stati Uniti abbiamo assistito alle code di fronte ai negozi di armi e munizioni, in linea con la nostra cultura mediterranea abbiamo fatto scorta di pasta e lievito per la pizza.

Nella valutazione del rischio di essere contagiati sembra quindi che intervengano fattori emotivi e percettivi che nulla hanno a che fare con le evidenze scientifiche in merito (Andreoni e Nardone, 2020). Uno studio (Nameroff e colleghi, 1995) ha rilevato che se un virus proviene da una persona sconosciuta o da qualcuno che non ci piace, solitamente sarà percepito come più minaccioso che non se proviene da un familiare. Il contagio, da un punto di vista emotivo, è peggiore tanto lontana o sgradevole la sua fonte.

Questi risultati sono ancora più importanti oggi, man mano che ci avviciniamo alla ormai celeberrima “fase 2” e ci aiutano a capire come mai, paradossalmente, spesso oggi le persone abbiano meno paura del coronavirus di quando ha avuto inizio la quarantena, ormai quasi due mesi fa, spesso più preoccupate della situazione economica che di una minaccia virale che si è fatta sempre più familiare. Il virus è entrato a far parte degli oggetti (psicologici) con cui arrediamo il mondo che quotidianamente ci circonda. Si è allontanato da ciò che era all’inizio ai nostri occhi, quel fenomeno lontano, alieno, spaventoso perchè sconosciuto; di conseguenza, fa meno paura. Psicologicamente, più il virus è attorno a noi, più lontani i rischi percepiti di soffrirne profondamente il contagio.

Da un punto di vista politico, appare quindi giustificata la cautela con cui si sta procedendo ad uscire dal lockdown: le disposizioni protettive devono ora entrare a far parte del modus vivendi di ciascuno. Fare altrimenti, abbandonarle cioè insieme alla paura iniziale, rischia di provocare un pericoloso ritorno di fiamma dell’epidemia.

 

 

Riferimenti bibliografici

Andreoni, M., Nardone, G. (2020). Covid-19, il virus della paura. Scienze e informazione ai tempi del coronavirus. Roma: Paesi Edizioni.

Frazer, J. (1925). Il ramo d’oro. Milano: Bollati Boringhieri.

Nemeroff, C., & Rozin, P. (1994). The contagion concept in adult thinking in the United States: Transmission of germs and of interpersonal influence. Ethos22(2), 158-186.

Nemeroff, C. J. (1995). Magical thinking about illness virulence: Conceptions of germs from “safe” versus “dangerous” others. Health Psychology, 14(2), 147-151.

Rozin, P., Millman, L., & Nemeroff, C. (1986). Operation of the laws of sympathetic magic in disgust and other domains. Journal of Personality and Social Psychology, 50(4), 703-712.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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