Osservando i continui dibattiti con cui accogliamo l’avanzare della fase 2, abbiamo la sensazione che la negoziazione delle istanze dell’economia e quelle della sanità pubblica potrà andare avanti a lungo, in un continuo tira e molla tra necessità naturalmente contrarie. Una delle istanze riguarda la questione bambini, i quali, per due mesi e mezzo di quarantena e – in molti casi – ancora adesso, continuano ad essere appannaggio esclusivo delle famiglie, che si barcamenano in un funambolico equilibrio tra la necessità di lavorare (o di tornare al lavoro) ed i compiti educativi (Wand e altri, 2020).
In tutto ciò, però, pare passare in secondo piano una osservazione concreta e realistica su ciò che i bambini e gli adolescenti, a modo loro, stanno pagando alla cassa della quarantena. Bisogna invece rilevare che i prezzi sono altissimi, considerando le necessità dello sviluppo oltre che a quelle della scolarizzazione (Liu e colleghi, 2020).
Il mondo su uno schermo?
Da un lato, infatti, bisogna chiarire senza indugi che certi passaggi educativi non possono essere sostituiti dalla formazione a distanza e online, e neanche dalla interazione con gli adulti. Stare con i propri pari, infatti, almeno a partire dai 3 anni di età, e ancora più avanti durante l’infanzia, la fanciullezza e l’adolescenza (quando le relazioni fra pari sono una fondamentale “palestra” per lo sviluppo di abilità sociali fondamentali in seguito), serve a imparare le norme del vivere comune, a capire come e quando mettere in primo piano i propri bisogni, quando mettere al primo piano quelli dei pari, come collaborare con gli altri per uno scopo comune (ad esempio, un gioco di gruppo), a sviluppare quella sana competizione che aiuta a crescere (Tomasello, 2019). Inoltre, la manipolazione reale di oggetti, matite, carta e altro costituisce una componente centrale dell’apprendimento: se da un lato, infatti, la reclusione in casa, con (almeno alcune) delle sue costrizioni è venuta a mancare, dall’altro la dimensione reale dell’educazione scolastica è tuttora mancante. Se potessimo permetterci di dare a qualcuno alcuni consigli su come affrontare con i propri figli una situazione così particolare e difficile, diremmo quindi di cercare di fornire loro esperienze concrete e “vere”, evitando di sovraesporli a schermi, tablet, televisioni e computer.
Un’altro aspetto centrale è quello dell’educazione fisica. Correre, rincorrersi, saltare, arrampicarsi sono attività che fanno parte della crescita “normale” di un bambino. Questo periodo non ha però nulla di normale e anche su questo fronte i bambini rischiano di risultarne penalizzati: soprattutto oggi, all’alba della riapertura dei parchi giochi, pare fondamentale garantire un piccolo spazio giornaliero ai propri bambini per muoversi, fuori come dentro casa, strutturando ad esempio un campo di “battaglia per cuscinate” per i piccoli più “esplosivi”.
Le reazioni degli adulti: fra paure, angosce e rabbia
Purtroppo, quando i tempi si fanno incerti, la capacità di mantenere la calma e l’energia per interagire con i bambini può venire meno. In questo contesto, diventa difficile per i genitori avere degli spazi in cui “digerire” le proprie angosce senza scaricarle su altri, in primo luogo i bambini più piccoli, con le loro continue richieste di attenzioni e cure.
La prima azione educativa deve essere, in questi casi, quella di un “addestramento” al gioco in autonomia; ogni minuto ottenuto potrà divenire una importante boccata d’aria per i genitori, stretti fra gli impegni di lavoro (se c’è) e la preoccupazione per il presente o il futuro. Un buon intervento di supporto psicologico o di psicoterapia ai genitori ha una valenza indiretta sui loro bambini, custodendo anche il loro benessere. Un vero e proprio “aiutare i genitori per aiutare i figli”.
Assorbire le paure dei grandi
I bambini vivono come tutti in un mondo di informazione e di comunicazione. Non ci riferiamo soltanto a quella proveniente dai media, in cui comunque sono immersi (se non altro per la presenza del televisore), ma anche e soprattutto dalle miriadi di informazioni verbali e non verbali che ricevono dai genitori e dalle altre persone con cui si interfacciano. Posti di fronte alla novità, i nostri piccoli osservano le reazioni dei più grandi, come prezioso esempio e descrizione di ciò che non conoscono. Nel contesto dell’emergenza Covid-19, essi vivono dunque immersi in un universo di feedback emotivi in grado di colorare le loro esperienze, in modo rassicurante o impaurente, cosa che nel contesto della pandemia assume ancora più importanza (vedi Dalton e altri, 2020; Orgiles e altri, 2020). La capacità degli adulti significativi di gestire le proprie emozioni diviene un modo, indiretto, di proteggere i bambini da paure “magiche” o dall’eredità, piuttosto scomoda, di quelle degli adulti, realistiche oppure no.
Uno studio molto recente condotto presso l’università di Padova (Di Giorgio e colleghi, 2020) ha mostrato come il benessere mentale ed emotivo dei genitori e dei figli siano strettamente collegati e che ogni bambino, attraverso la sua personale sensibilità, risponda e interagisca con gli stimoli che gli provengono dell’ambiente. Apprendiamo quindi che sono proprio coloro che durante la quarantena si sono trovati a vivere i maggiori stravolgimenti (di lavoro, di abitudini, di ritmi) ad influenzare, com’è ovvio e naturale, i bambini nel loro adattamento. Passando attraverso una perdita o una disorganizzazione delle routine familiari, un altrimenti potente mattone della salute psicologica dei bambini (Compan e altri, 2002).
Gli effetti? Peggioramento del sonno e insonnia, seguiti da perdita di controllo degli impulsi e vari problemi di attenzione e comportamentali. Da qui nasce l’importanza sottolineata da più parti per la cura dei rituali e delle routine familiari, da custodire o adattare costantemente al nuovo che avanza.
Naturalmente, c’è il rovescio della medaglia. La quarantena, soprattutto se accompagnata dalla perdita o dalla sospensione dell’attività lavorativa, porta con sè un carico di vuoto e pesantezza arduo da contrastare. Uno studio ha rilevato la presenza di figli come un fattore protettivo dalla depressione del genitore (Mazza e altri, 2020). Se tale risultato fosse confermato, indicherebbe probabilmente quanto già si sa: avere qualcuno di cui occuparsi, per quanto faticoso, restituisce senso al tempo vuoto.
Riferimenti bibliografici
Compañ, E., Moreno, J., Ruiz, M. T., & Pascual, E. (2002). Doing things together: Adolescent health and family rituals. Journal of Epidemiology & Community Health, 56(2), 89-94.
Di Giorgio, E., Di Riso, D., Mioni, G., & Cellini, N. (2020). The interplay between mothers’ and children behavioral and psychological factors during COVID-19: An Italian study.
Mazza, C., Ricci, E., Biondi, S., Colasanti, M., Ferracuti, S., Napoli, C., & Roma, P. (2020). A nationwide survey of psychological distress among italian people during the COVID-19 pandemic: Immediate psychological responses and associated factors. International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(9), 3165.
Orgilés, M., Morales, A., Delvecchio, E., Mazzeschi, C., & Espada, J. P. (2020). Immediate psychological effects of the COVID-19 quarantine in youth from Italy and Spain.
Tomasello, M. (2019). Diventare umani. Milano: Raffaello Cortina Editore.
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