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Si dice che bisogna conoscere il punto di arrivo di un viaggio, per sapere quando esso è concluso; che bisogna avere un obiettivo, per poterlo raggiungere. “Any port in a storm”, qualsiasi porto nella tempesta, pur di non affondare; ma spesso il porto di arrivo non è quello verso il quale si è salpati.
E’ anche vero che, come sanno molti alpinisti, per arrivare in cima il primo passo è evitare di cadere in un crepaccio. In questo articolo ho pensato di utilizzare uno stile, quello paradossale (leggi di più sull’utilizzo del paradosso in psicoterapia), che ha antenati illustri (si pensi solo a Jay Haley, Paul Watzlawick e Giorgio Nardone), per mostrare e forse instillare un po’ di paura per alcune trappole mentali che ci auto-costruiamo. Forse qualcuno, messo sull’avviso, sceglierà l’altra via, forse più complessa, ma lontana da quello strapiombo buio, del quale non si vede il fondo.
Sentire di stare impazzendo non è una bella esperienza. Si sente di stare perdendo il controllo su di sé, sulle proprie relazioni e sulla propria vita, e piano piano la progettualità che impregnava il presente ed il futuro di significato scivola via, si appanna per poi scomparire gradualmente, ingoiata dal Problema che ormai satura ogni istante.
Se il processo non è il massimo, convincere le persone attorno a noi della nostra problematicità può invece portare interessanti vantaggi. Da un lato, infatti, la Persona Problematica non è del tutto responsabile delle proprie azioni (in termini giuridici, non in grado di intendere e di volere); essa non può quindi essere giudicata con gli stessi criteri degli altri. Non avrebbe senso arrabbiarsi con un diabetico per il suo livello di insulina e non ha senso arrabbiarsi con la Persona Problematica perché ha un Problema. Dall’altro, invece, fornisce un interessante alibi per i propri fallimenti, un alibi a prova di bomba; “Si capisce che non c’è riuscito, è Problematico!”
Capiamo e comprendiamo quindi come sviluppare la sensazione di impazzire possa costituire un attraente, anche se anticonformista, obiettivo per alcuni che, dibattendosi tra le pene dell’umana esistenza, volessero per così dire prendere un’uscita secondaria. Ecco come fare: un metodo semplice, alla portata di tutti.
1) Controllare i propri pensieri, non tollerare né concedersene di strani o indesiderati.
Cominciate con il controllare, sopprimendoli, i pensieri che mal si accordano con la vostra morale o etica; cercateli senza sosta, mantenendo alta l’attenzione che come un faretto antiaereo scandaglia la notte del vostro mondo interno alla ricerca di [pensieri] indesiderati, pericolosi intrusi da eliminare con i colpi infallibili della vostra razionalità. Le moderne scienze cognitive hanno mostrato che lo sforzo di eliminare senza sosta ogni pensieri non voluto costituisce un metodo paradossale ma di sicura efficacia per rafforzarlo, facendolo tornare più forte di prima. Il vostro obiettivo in quanto aspiranti Persone Problematiche consiste proprio nell’instaurare uno spossante tiro alla fune con voi stessi, che vi lasci senza forze né attenzione da investire nel mondo esterno. Continuate con questo esercizio per un ragionevole lasso di tempo, e non vi scoraggiate se i risultati non arrivano subito, perseverate per alcune settimane e li vedrete fiorire come primule a primavera. D’altronde neanche Roma fu costruita in un giorno.
2) Controllare o sopprimere ogni emozione indesiderata, senza sosta né compassione.
Per applicare con efficacia il secondo punto è necessario convincersi che non solo è possibile, ma costituisce un vostro preciso dovere, in quanto esseri umani razionali e civili, controllare le vostre emozioni, dando loro la direzione che più desiderate. Potete e dovete dare forma a ciò che provate, utilizzando le scintillanti armi della Ragione e della Volontà. Una volta partiti da questo assunto, applicatevi con costanza ad eliminare ogni emozione negativa dalla vostra vita; e non parliamo solo della Paura, ma anche della Rabbia, del Dolore, della Malinconia, solo per darvi qualche esempio; sentitevi però liberi, a seconda della vostra sensibilità, di aggiungere Tristezza, Stanchezza, Confusione, Incertezza e altre che potete identificare a partire dalla vostra esperienza.
Le strategie che potete utilizzare sono diverse: potete confutare la loro legittimità con ragionamenti ed elucubrazioni, ingaggiando con voi stessi una sorta di disamina analitica di ciò che provate, al fine di dimostrare alla vostra mente recalcitrante che non avete motivo per sentire ciò che sentite.
Chi ha letto qualche testo di filosofia orientale potrebbe invece trovare interessante un approccio meditativo; non come forma di elevazione personale però, ma come un costante impegno a disciplinare la mente alle regole (che avrete cura di autoimporvi preventivamente) di un pensiero sano e limpido, ripulito dalle nebbie del mondo. L’obiettivo è di trovarvi, nel giro di pochi giorni, a combattere con voi stessi un battaglia estenuante, posizionati su entrambe le linee della battaglia, bloccati su entrambe le trincee ma anche in mezzo al fuoco incrociato, nella Terra di Nessuno.
3) Evitare tutto ciò che ci fa sentire in difficoltà o in difetto.
Se avete svolto diligentemente i punti 1) e 2), il terzo non vi riuscirà difficile. Cominciate ad identificare tutte le situazioni che vi facciano sentire anche solo lontanamente a disagio, e escogitate le strategie per evitarle sistematicamente. Potrebbe trattarsi di situazioni sociali, lavorative, familiari, piccoli doveri quotidiani o impegnative interazioni con le persone della vostra famiglia. A questo punto convincetevi del fatto che non siete tenuti a sopportare fardelli tanto pesanti, e che se vi riesce difficile non c’è ragione per sforzarvi, tanto vale rinunciare o delegare a qualcuno a cui non pesa. In poco tempo comincerete ad avere la sensazione che tali situazioni esulano dalle vostre capacità di affrontarle, una condizione che gli psicologi hanno chiamato ‘impotenza appresa’. Il processo, una volta avviato, tenderà a mantenersi da solo, moltiplicando le situazioni da evitare, restringendo le vostre possibilità di azione finchè la giornata vi apparirà come una passeggiata in un campo minato, il pericolo costante di una mortale fatalità; meglio stare fermi. Siete sempre più vicini al vostro obiettivo, ma mancano gli ultimi due punti, le pennellate conclusive di un quadro d’artista, la ciliegina sulla torta del vostro successo.
4) Parlarne con gli altri, parlarne con tutti; ovvero costruirsi il proprio Ruolo Problematico.
A poco vale sentirsi impazzire se nessuno è disposto a riconoscere il ruolo di Persona Problematica, ed ecco che ci troviamo di fronte allo scoglio più grande: far sì che le persone attorno a noi imparino ad accettare il nostro nuovo status.
La prima regola d’oro da seguire in questi casi è riassumibile in una parola: socializzare. Per socializzare intendo il parlare approfonditamente di come state e delle difficoltà che incontrate; cercate di comportarvi come se le persone con cui interagite siano disponibili e interessate a conoscere i vostri problemi, la vostra travagliata quotidianeità e la spiacevolezza di ciò che vivete. Cercate di non lasciarvi intimorire dal fatto che non avete una relazione tanto intima con alcune di loro da giustificare tanta confidenza; la confidenza in mancanza di un’intimità reale farà anzi preoccupare ancor di più la persona in questione, incrementando l’effetto che volete ottenere.
5) Un aiuto dalla chimica: psicofarmaci e affini.
Avete raggiunto il vostro obiettivo: le vostre prospettive vitali si sono notevolmente contratte, sentite di non controllare più le vostre reazioni, i vostri pensieri e le vostre emozioni; le relazioni che intrattenete sono tutte incentrate sui vostri problemi, in modo da offuscare il piacere della compagnia e dello stare insieme. Può sempre accadere qualcosa che potrebbe rovinare i risultati conquistati tanto faticosamente. Ad esempio, qualcuno potrebbe parlarvi di alcune psicoterapie di ultima generazione che potrebbero aiutarvi a migliorare la vostra qualità di vita e a superare il vostro problema; anche se questa persona è probabilmente animata da quelle che a lei sembrano buone intenzioni, non capisce la fatica che avete fatto per arrivare fino a qui. Abbiate cura di allontanarla opportunamente, dimenticando velocemente i suoi ragionamenti distruttivi.
Potete invece contattare qualche medico di impostazione biologicista, il quale vi spiegherà che il vostro stato non è legato in alcun modo alla psicologia, ma ad alcune disfunzioni del vostro cervello, che tende ad utilizzare in sovrabbondanza alcuni neurotrasmettitori, e ad evitarne altri, che invece sarebbe importante aumentare; sarà quindi fondamentale intervenire con una cura farmacologica appropriata. Affidatevi completamente alle prescrizioni; esse avranno alcuni importanti effetti desiderabili. Rafforzeranno infatti la vostra convinzione di non possedere le capacità necessarie a gestire la vostra vita affettiva ed emozionale, che sarà demandata alla sostanza chimica del farmaco; condizione essenziale per stabilizzare il proprio status di Persona Problematica. Alcuni di essi hanno inoltre la capacità di avviare processi di Tolleranza e Dipendenza, insostituibili nel costruire un equilibrio illusorio, basato sull’apporto costante di sostanze chimiche estranee all’organismo. Altri potranno indurvi un senso di confusione, lentezza e mancanza di concentrazione, che saranno opportunamente notati dalle persone attorno a voi, pronte ad offrire il loro aiuto anche nei compiti più semplici, facilitandovi lo svolgimento dei punti 3) e 4).
Eccovi giunti al capolinea del vostro viaggio, un viaggio non necessariamente lungo, ma sicuramente travagliato e irto di ostacoli pronti a farvi smarrire la via.
A chi si interrogherà sulle motivazioni che mi hanno spinto a scrivere questo articolo, risponderò con un antico detto cinese:
Per drizzare qualcosa dobbiamo prima trovare tutti i modi per storcerla di più.
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Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta
a Firenze e Parma
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