Parlando del ruolo che i conflitti di potere hanno sui sistemi relazionali e sull’emergenza di problemi psicologici dobbiamo fare riferimento alla figura di Jay Haley. Terapeuta strategico e primo studioso del lavoro di Milton Erickson, nei suoi lavori Jay Haley ha descritto il modo in cui ogni sintomo o problema psicologico o comportamentale si inserisce in una rete di relazioni di potere, delle quali può in alcuni casi determinare il bilanciamento o l’inclinazione.
Tali equilibri complessi spesso tendono a rafforzare il sintomo e a posizionare il bambino o l’adolescente in modo insostenibile senza un alto livello di malessere o sofferenza: quello di essere l’ago della bilancia, sempre in mezzo, in tensione fra gli opposti.
Uno dei contesti in cui questo si verifica è all’interno della famiglia, dove il bambino può divenire il tramite per la gestione dei rapporti di potere fra i genitori. Ovviamente il pensiero corre alle separazioni conflittuali, in cui per la ex coppia è necessario coordinarsi per la gestione dei figli, ma il coordinamento diviene impossibile, data la presenza di rancori di antica data o di recenti cause giudiziarie. Capita (e capita spesso) che la tentazione a cui diviene impossibile resistere, complici inconsapevolezza e rabbia, sia quella di utilizzare il bambino o la bambina come un’arma per colpire l’altro o le scelte educative dell’altro. Se nel primo caso troviamo quei contesti che vanno sotto il nome di alienazione parentale, dall’altro – in modo meno esplosivo – abbiamo una frattura nella “squadra” educativa; ogni fazione tende a sabotare la posizione dell’avversarioa, rendendo ogni intervento inutile e vanificando tutti gli sforzi.
Altre volte, la frattura si verifica in ambito scolastico, tipicamente fra il corpo insegnanti e i genitori. Capita, ad esempio, che genitori forse un po’ troppo intenti a proteggere il figlio/a si scontrino con insegnanti che, un po’ più rigidi, sono percepiti come incapaci di comprendere le particolarità e le difficoltà del figliolo. Non capiscono che, prendendolo di petto, rischiano di provocargli eccessiva sofferenza? Il messaggio viene spesso prontamente (anche se silenziosamente) recepito dal ragazzo/a, che ora sa di poter contare sulla simpatia dei familiari. Il ruolo dell’insegnante è ora minato: il ragazzo sa che i genitori, sue principali figure di riferimento, non sono a fianco del docente. Potrebbe provare a giocare il ruolo della vittima – e d’altronde così è percepito dai genitori – ingiustamente perseguitata. In ogni caso, percepisce di avere altre scappatoie – non un migliore apprendimento, imparare l’educazione o la gentilezza, no – posizionarsi in modo vantaggioso fra gli adulti che lo circondano.
In questi casi la gestione di questi rapporti di potere è fondamentale per qualsiasi cambiamento.
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Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)