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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

 

 

La Psicoterapia, come altre discipline mediche, negli ultimi anni si è spostata da un modello positivista, in cui il terapeuta, distante dal paziente per formazione e capacità analitica, “agiva” il proprio intervento “sul” paziente, piuttosto passivo nel risolverlo, ai cosiddetti modelli “post-moderni”, in cui la coppia terapeuta-paziente costruiscono le realtà terapeutiche in modo congiunto.

Un esempio classico riguarda la definizione del problema da risolvere tramite la psicoterapia: esso non si pensa più definito a priori, ma co-costruito all’interno dell’interazione terapeutica (O’ Hanlon & Wilk, 1987; Nardone & Salvini, 2004).

Ecco perchè è necessario, da parte del terapeuta, spendere una considerevole quantità di tempo nel tentativo di rendere la definizione dell’obiettivo la più chiara possibile: come diceva Jay Haley, “Definite il problema in modo che sia possibile risolverlo” (Haley & Richeport-Haley, 2003).

Al contrario, ciò che troppo spesso accade all’interno del colloquio terapeutico è che il terapeuta si sforza di far capire al paziente quale sia la ‘vera natura’ del suo problema (alla quale egli non aveva mai pensato prima di venire in terapia). Al termine del colloquio, se il terapeuta non è riuscito a convincerlo, il paziente lascerà il percorso terapeutico; se vi è riuscito, il paziente si troverà ad avere due problemi da risolvere: quello con cui era arrivato in seduta e quello intravisto dal terapeuta. Con le parole di O’ Hanlon: “Molte discussioni in psicoterapia sono dedicate a “lavorare su” questo o quest’altro tema. Essi sono, quando va bene, irrilevanti per la soluzione del problema del paziente; alla peggio possono rinforzare gli assunti che lo mantengono, rispetto a ciò che deve essere fatto prima che possa essere risolto; a volte possono creare nuovi problemi che il cliente non aveva prima della terapia”.

Ricordo una conversazione che ebbi con una collega; durante una supervisione raccontava di una sua paziente, impaurita dalle sfide di una crescente autonomia dal sistema familiare. “Qual’è l’obiettivo della terapia?” le chiesi. “Lei vorrebbe superare le sue paure, io vorrei che imparasse a sentire di più le sue emozioni” mi rispose. “Dunque avete due obiettivi diversi” le dissi, “non mi stupisce che i colloqui non stiano portando a nulla”. La collega mi guardò stupita dalla mia risposta; eppure, dal punto di vista della Psicoterapia Breve Strategica, una situazione simile può facilmente condurre ad un’empasse terapeutica irrisolvibile. Purtroppo, si tratta di una incomprensione frequente.

 

Cooperazione nella soluzione del problema

 

Il terapeuta deve riuscire ad avviare con il paziente una relazione basata sul comune obiettivo (cioè la soluzione del problema). Non è un caso, infatti, se alcuni autori hanno parlato di “Morte del concetto di Resistenza”; come dice De Shazer (1984):  “[Esso] implica infatti una separazione tra il terapeuta e il sistema familiare”; può essere superata vedendo la psicoterapia come un sistema che include le individualità del paziente e del terapeuta, per creare qualcosa di nuovo. La soluzione non è calata dall’alto, come fosse un intervento chirurgico, ma co-costruita, anche quando contempla delle prescrizioni, che divengono al termine del colloquio delle “scoperte congiunte” (Nardone & Salvini, 2004).

 

Partecipazione esperienziale

 

Come fa notare Gilligan (Zeig & Gilligan, 1990), una modalità esclusivamente analitica di ragionamento confina il terapeuta all’interno dei suoi sistemi di pensiero, impedendogli di immergersi nel flusso della connessione interpersonale. Si basa sulla capacità di suddividere il fenomeno che si osserva in parti; più piccole le parti, migliore l’analisi.

Solo che dividere in parti l’esperienza la impoverisce, la snatura e le toglie vitalità. La ricchezza di ciò che viviamo dipende dall’insieme, dalla Gestalt se volete, da ciò che non può essere descritto in dettaglio, perchè è connaturato all’interazione fra i dettagli stessi.

Ecco come si esprime Suzuki, una delle massime autorità (scomparse) di buddhismo Zen:

Mentre il metodo scientifico uccide, assassina l’oggetto e mediante la dissezione del cadavere, e di nuovo poi la ricomposizione delle parti, si sforza di riprodurre l’originario corpo vivente, ciò che è invero assolutamente impossibile, il metodo Zen prende la vita così come è vissuta, in luogo di farla a pezzi e tentare poi di restaurarla mediante l’intellezione […] (Fromm, Suzuki, De Martino, 1968).

Parole forti, certamente. Ma che ci rimandano ad un modo di “star con” in cui rinunciamo momentaneamente all’uso degli usuali strumenti della ragione per comprendere ciò con cui stiamo. La ricerca della soluzione è velocizzata quanto più si riesce a mettere “tra parentesi” le divisioni di ruoli, le competenze, le diverse storie di vita, per vivere la Gestalt, l’insieme della relazione con il paziente. Coltivando sempre le proprie abilità comunicative, su cui basare lo scambio:

Parlare solo di problemi crea problemi,

parlare di soluzioni crea soluzioni. (Steve de Shazer)

 

Bibliografia

De Shazer, S. (1984). The Death of Resistance. Family process, 23(1), 11-17.

Fromm, E., Suzuki, D. & De Martino, R. (1968). Psicoanalisi e Buddhismo Zen. Roma: Astrolabio.

Haley, J., Richeport-Haley, M. (2003). The art of strategic therapy. New York: Routledge.

O’ Hanlon, W., Wilk, J. (1987). Shifting Contexts. The generation of effective psychotherapy. New York: The Guilford Press.

Nardone, G., Salvini, A. (2004). Il dialogo strategico. Firenze: Ponte alle Grazie.

Zeig, J., Gilligan, S. (1990). Brief Therapy: Miths, Methods and Metaphors. New York: Brunner/Mazel.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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