Il dubbio, da sempre, è un potente promotore della capacità critica e di approfondimento. I filosofi e gli scienziati di ogni epoca hanno sviluppato la conoscenza e la tecnologia mettendo in discussione quanto precedentemente acquisito, ciò che veniva dato per scontato, le cose che sembravano ormai sicure e assodate. Ma esistono situazioni in cui un dubbio, ormai insidiatosi come un subdolo tarlo, finisce per rovinare delle vite.
Si tratta del dubbio patologico (Nardone e De Santis, 2011): una situazione in cui l’ossessione del dubbio è nutrita da una virtuale impossibilità a fornirvi una risposta certa, verdetto che viene però pervicacemente ricercato. Si viene così a creare un corto circuito mentale, all’interno del quale ad ogni (presunta) risposta segue una nuova (reale) domanda, con la persona che ormai privata dei suoi punti di riferimento, vi si trova bloccata al centro.
Come faccio a essere sicuro/a di non essere gay?
Non è una novità che essere omosessuali in Italia nel 2020 non sia semplice. Tra la legge contro l’omofobia e radicate eredità giudaico/cristiane, sappiamo che gli adolescenti e i giovani adulti omosessuali incontrano un rischio suicidario doppio rispetto alla popolazione generale (Baiocco e colleghi, 2014). Durante gli anni dell’obbligo scolastico, la popolazione gay incontra maggiori difficoltà relazionali, personali e psicologiche: non di rado risulta molto difficile accedere a forme di supporto sociale. La famiglia spesso si mostra incapace di comprendere i tormenti e le sofferenze che la scoperta della propria omosessualità comporta e in questo senso assumono grande importanza gruppi come l’Arcigay, in grado di fornire aiuto e sostegno ai ragazzi e alle ragazze che attraversano questa fase di vita. Per questi motivi, gli psicoterapeuti devono essere consapevoli di questi fattori e di conseguenza adeguare le proprie modalità di trattamento (Lingiardi e Nardelli, 2014).
Si può quindi comprendere come la possibilità di essere gay possa spaventare. Ma esistono casi in cui ciò che spaventa di più è qualcosa di diverso: la possibilità di essere gay senza saperlo. Facciamo un passo indietro, tornando al dubbio patologico, per spiegare come questo sia possibile.
Il dubbio di essere gay
Immaginiamo una situazione in cui una persona, che ha già avuto alcune esperienze o relazioni eterosessuali, cominci a dubitare della propria eterosessualità, chiedendosi se per caso quanto già vissuto non sia che la superficie visibile ma sottile che nasconde una più profonda verità: in realtà è omosessuale. Non ha elementi a supporto di tale strisciante sospetto e l’unica sua arma è la volontà di andare alla ricerca delle conferme che risolverebbero il dubbio. Comincia così ad analizzare retrospettivamente gli eventi e le relazioni che costellano la propria storia, scrutandoli però stavolta sotto una luce diversa, la luce dell’investigatore. E mano a mano che scava e ricontrolla, le memorie cominciano a modificarsi, diventando per certi versi più vaghe: quell’amico delle superiori….e poi in seguito, il collega di lavoro….il compagno di calcetto…e se fossero tutti segnali? Ben presto anche il presente viene invaso da tale ossessionante pensiero: a scanso di equivoci, comincia ben presto ad evitare i suoi amici maschi. Qualche scusa, l’impegno degli esami o del lavoro, la stanchezza serale, un po’ di tosse, avviano l’evitamento: nelle forme più invalidanti si può arrivare ad evitare uno sguardo, una stretta di mano, un banale saluto.
Spesso tale rigoroso esame coinvolge le sensazioni corporee: quando si incontra una persona dello stesso sesso o del sesso opposto l’attenzione viene rivolta verso l’interno, alla ricerca di conferme ad un’ipotesi o al suo contrario: ho provato attrazione? Oppure al contrario repulsione? Ed ogni scambio verbale o non verbale diviene oggetto di un autoesame che non può, per sua stessa natura, che modificare o bloccare proprio le reazioni corporee che pretenderebbe di indagare.
Ma i dubbi irrisolvibili hanno una capacità tutta loro di replicarsi, più si cerca di trovarvi delle risposte: la strada della persona in questione è ora sempre più lastricata di quel pensiero onnipresente e paralizzante, l’incertezza ossessiva del proprio orientamento sessuale.
Non una crisi dell’identità sessuale: psicoterapia del dubbio patologico
A lungo un problema come quello descritto è stato confuso con una crisi di identità sessuale (vedi Williams, 2008): in realtà si tratta di tutt’altro. Non di una difficoltà ad ammettere e ad ammettersi la propria omosessualità, ma un disturbo in cui proprio il pensiero della propria omosessualità risulta così disturbante, alieno ed in definitiva estraneo alle proprie sensazioni che il tentativo di scacciarlo con la riflessione e con la razionalità non fa che rafforzarlo.
Un problema però solitamente risolvibile e superabile con successo attraverso una focale ed efficace psicoterapia breve strategica. L’obiettivo terapeutico è portare a saturazione il tentativo di risolvere tale dubbio ossessivo con la ruminazione, superare l’evitamento e il ricontrollo delle sensazioni corporee. Progressivamente ma velocemente, la percezione del dubbio si modifica: il pensiero ossessivo torna ad essere una delle molte bizzarrie che la nostra mente, al di là dei nostri desideri e volontà, periodicamente sottopone alla nostra coscienza. Si indebolisce per poi sfumare, allontanarsi, ed infine scomparire.
A questo punto si procede a recuperare lo spazio vitale che era stato ceduto alla sofferenza dell’ossessione: nuovi progetti di vita oppure progetti vecchi e in precedenza abbandonati, relazioni, attività. Fino al completo superamento del problema e alla costruzione di un nuovo equilibrio sano.
Riferimenti bibliografici
Baiocco, R., Ioverno, S., Cerutti, R., Santamaria, F., Fontanesi, L., Lingiardi, V., … & Laghi, F. (2014). Suicidal ideation in Spanish and Italian lesbian and gay young adults: The role of internalized sexual stigma. Psicothema, 26(4), 490-496.
Lingiardi, V., Nardelli, N. (2014). Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali. Milano: Raffaello Cortina.
Nardone, G., De Santis, G. (2011). Cogito ergo soffro. Quando pensare troppo fa male. Firenze: Ponte alle Grazie.
Articoli Recenti
Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)