Quando si ha a che fare con un problema di natura fobica, cioè fortemente basata sulla potente e primordiale emozione della paura, ci si trova davanti a diverse tipologie di Tentate Soluzioni, o psicotrappole, differenti (Nardone, 2013): da un lato, la delega ad altri dei compiti o delle sfide che si ritengono impossibili, dall’altro il tentativo di controllo delle reazioni paurose, ma anche l’evitamento attivo di tutte le situazioni che sono associate alla paura ansiosa.
Quest’ultima reazione si configura come un tentativo di prevenire l’insorgere dell’ansia, ma finisce per ottenere gli effetti più deleteri, costruendo una serie di steccati rafforzati dai divieti sempre più stringenti che la percezione paurosa costruisce attorno all’esistenza del paziente. Da un lato, infatti, l’evitamento rassicura la persona, che in questo modo ha la sensazione di poter controllare o prevenire le proprie reazioni, dall’altro il semplice fatto di evitare qualcosa implica, a livello di percezione biologica, la sua pericolosità, come ha provocatoriamente fatto notare l’importante psicologo William James:
Noi non scappiamo perché abbiamo paura dell’orso, abbiamo paura perché scappiamo.
Al contrario,
l’evitamento della paura nutre la percezione fobica, come fosse una pianta alla quale viene aggiunto uno speciale fertilizzante (Giorgio Nardone, 2010).
Il tentativo di tenere sotto controllo l’ansia provoca il suo rafforzamento:
Se un cucciolo di tigre è affamato, lo nutriamo per impedirgli di piangere: come una tigre famelica, l’ansia si nutre dei tentativi di impedirgli di piangere, ma crescendo in forza e appetito (Burns, 2007).
Capita quindi che la richiesta sia quella di trovare un modo per applicare meglio le Tentate Soluzioni che non hanno funzionato in passato! Ma sarebbe scarsamente d’aiuto se non decisamente rischioso. Ed è allora meglio immaginare che
Un giorno, tanto tempo fa, stavi camminando e sei caduto in un buco. Quando ti sei ritrovato in fondo a questo buco, l’unica cosa che avevi con te era una pala. Non sapendo che altro fare, hai iniziato a scavare. Hai provato a scavare velocemente, poi lentamente, palate grandi e palate piccole. Ma il buco è solo diventato più profondo e più ampio. E ora sai che continuando a scavare non potrai che scendere ancora più in basso; ora sei quaggiù e forse speri che io ti possa dare una pala d’oro, una pala dai poteri magici, migliore di quella che hai già, che finalmente ti farà uscire di lì. . . .Beh, non ho una pala d’oro, e anche se l’avessi non la userei, perché scavare non è la via d’uscita da questo buco. Potremmo dover cambiare completamente strada.
La strada per il completo superamento dei problemi d’ansia raramente passa per un incremento della forza con la quale li si combatte, ma per uno strategico cambio di rotta:
Immagina di fare un tiro alla fune con un enorme, spaventoso mostro. Tra te e il mostro c’è una fossa oscura e profonda: se cadessi nella fossa moriresti. Quindi tiri e tiri più forte che puoi, ma il mostro è molto potente e, tirandoti, ti sta avvicinando sempre più al bordo della fossa. Mentre sei preso in questa lotta, è difficile vedere che il tuo compito è far cadere la corda.
Le metafore non sono una terapia, che è costituita anche da molti altri fattori. Ma la arricchiscono e la rendono ancora più efficace…
Riferimenti bibliografici
Burns, G. W. (Ed.). (2007). Healing with stories: Your casebook collection for using therapeutic metaphors. John Wiley & Sons.
Nardone, G. (2010). Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi. Firenze: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2013). Psicotrappole: ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli. Firenze: Ponte alle Grazie.
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