Quando si lavora con le persone per risolvere problemi di insonnia o di scarsa qualità del sonno, una delle prime cose da fare è valutare cosa fanno prima di andare a letto, oppure subito dopo i risvegli notturni. Ciò che accade, infatti, è che si lasciano coinvolgere da attività che ben poco hanno a che fare con il sonno, e molto con i loro interessi, raggiungendo l’indesiderato risultato di allontanare ancor più un (si presume) agognato riaddormentamento.
Visto da vicino, il processo di andare a letto ed addormentarsi non è il massimo della vita; e neanche deve esserlo. Dopotutto, si tratta di un periodo della giornata in cui il corpo e il cervello riducono i loro livelli di attivazione, arrivando a ridurli considerevolmente durante il sonno profondo, cosiddetto a “onde lente”. Considerato quanto detto, le persone particolarmente inclini a sfuggire alla noia possono rifugiarsi in una serie di attività che paiono offrire un pronto sollievo a questo apparentemente sgradevole stato mentale, quali schermi vari (TV, PC, tablet o smartphone) e altro.
Inutile dire quanto questi stimoli siano avversivi al sonno, in un certo senso antitetici, in quanto richiedono al contrario una attivazione – esattamente l’opposto di ciò che favorisce un riposo ristoratore. Una ricerca (Teoh, Ooi e Chan, 2021) ha mostrato che una marcata sensibilità alla noia porta spesso alla procrastinazione del momento in cui andare a letto, fino al punto di ridurre il tempo dedicato al sonno, aumentando quindi il disagio. Dobbiamo notare d’altronde, che la noia, per come definita in questo studio, fa riferimento al senso di malessere, irritazione e eccitabilità dovuto alla monotonia del tempo che si sta attraversando. Dunque la noia soprattutto come reazione al tempo piatto ed uniforme: nel momento in cui, invece, diviene possibile evitare di combattere tale vacuità di stimoli, rimane la noia come tempo vuoto, non stimolante o avvincente.
Tale tempo, al contrario, è favorevole al sonno, come hanno rilevato due studiosi dei cicli di sonno-veglia (Kleitman e Kleitman, 1953) con una interessantissima ricerca sul campo di una cittadina vicina al Circolo Polare Artico. Come previsto le ore di sonno aumentavano in corrispondenza della prolungata notte polare. Ma, contrariamente a quanto previsto, le persone dormivano di più non tanto per l’onnipresente buio, quanto per il razionamento dell’energia elettrica in tarda serata, che rendeva letteralmente impossibile ogni attività diversa dal sonno.
Riferimenti Bibliografici
Kleitman, N., & Kleitman, H. (1953). The sleep-wakefulness pattern in the Arctic. The Scientific Monthly, 76(6), 349-356.
Teoh, A. N., Ooi, E. Y. E., & Chan, A. Y. (2021). Boredom affects sleep quality: The serial mediation effect of inattention and bedtime procrastination. Personality and Individual Differences, 171, 110460.
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