Nel 2020 l’Italia fu, suo malgrado, il primo Paese occidentale investito dalla pandemia con il conseguente lockdown. Dal punto di vista scientifico, si trattava di un fenomeno senza precedenti, che permetteva di condurre una serie di studi riguardanti gli effetti dell’isolamento sociale, gli effetti psicologici e relazionali della quarantena e altre variabili, su una scala numerica impensabile in precedenza [1].
Alcune considerazioni.
Età. Nonostante il fatto che le caratteristiche della SARS-COV-2 la rendessero decisamente più pericolosa per le persone in tarda età, gli studi rilevano un maggiore stress nei giovani intervistati rispetto alle persone di età più avanzata. E’ probabile che questo sia dovuto al semplice fatto che le persone, andando avanti negli anni, fanno esperienza di superare una quantità di problemi e difficoltà, rendendoli di volta in volta più resistenti, al contrario di quanto accade a chi, all’inizio della sua vita adulta, non ha ancora avuto quella possibilità (Amicucci e altri, 2021).
Insonnia e dispositivi elettronici. L’igiene del sonno, cioè la disciplina che studia i modi e le abitudini che più di altre favoriscono un sonno regolare, ha da tempo notato l’impatto degli schermi sull’insonnia. In quanto sorgenti luminose ritardano il rilascio dell’ormone melatonina, che ha la funzione di regolare l’insorgenza del sonno. Durante il lockdown, la diffusa utilizzazione di dispositivi elettronici da parte della popolazione generale (specialmente in giovani età) ha largamente favorito un generale peggioramento del sonno nella popolazione.
Insonnia, umore e ansia. L’insonnia non si sovrappone, ma si interseca, con i disturbi d’ansia e dell’umore. Quando questo succede, i sintomi dell’insonnia, quelli dell’umore e dell’ansia formano un circolo vizioso che tende ad autoalimentarsi: dormire poco e male abbassa il tono dell’umore, e tende a provocare una attivazione reattiva che può sfociare nell’ansia, mentre alcune caratteriche dell’ansia e della depressione, come la ruminazione e l’attivazione psico-fisiologica, possono impattare negativamente sul sonno.
Insonnia e cambiamento dei ritmi quotidiani. Durante il lockdown, secondo uno studio, si è verificato un incremento della incidenza della insonnia clinica al 18,6% della popolazione generale, rispetto al 10% circa di valore di riferimento europeo e al 7% di valore di riferimento italiano pre-pandemia (Bacaro e colleghi, 2020). Questo risultato, sebbene dovuto all’effetto cumulativo delle precedenti variabili, è anche legato alla completa dissoluzione dei ritmi quotidiani che si è frequentemente verificata durante il lockdown. Le piccole azioni ripetitive di ogni giorno offrono un senso di sicurezza e prevedibilità che favoriscono il rilassamento e l’abbandono del controllo cosciente, necessario nel sonno (vedi Bonino, 1987). Tutto ciò è spesso collassato durante il lockdown in virtù della sospensione di molte attività lavorative, della scuola, degli spostamenti: uno degli effetti può riguardare anche una maggiore difficoltà a prendere sonno o una alterazione dei cicli sonno/veglia, in particolare nella popolazione dei giovani adulti (Viselli e altri, 2021).
Tiriamo le somme…
Anche i dati che riguardano l’incidenza sull’insonnia e la qualità del sonno mostrano la difficoltà del periodo che abbiamo passato, le sfide che, in un modo o in un altro, hanno riguardato tutti e le problematiche che si sono verificate, che in alcuni casi riverberano in una eco presente ancora oggi. E’ in questi casi che si raccomanda un intervento psicoterapeutico che, con le conoscenze disponibili, permette un deciso miglioramento della qualità della vita – e, quando è necessario, della qualità del sonno.
[1] Per fare un paragone, uno degli studi citati (Bacaro e colleghi, 2020) si basa su un sondaggio proposto a quasi 2000 persone. Questo studio relativo all’esperienza della quarantena da SARS, risalente al 2010, è basato su un campione di 17 soggetti.
Riferimenti bibliografici
Bonino, S. (1987). I riti del quotidiano. Milano: Bollati Boringhieri.
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