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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Viktor Frankl è stato un personaggio particolare e per certi versi unico, nella storia della psicoterapia. Psichiatra viennese quando la psichiatria non era ancora specializzazione in somministrazione farmacologica, si fece un nome prima della Seconda Guerra Mondiale con il suo approccio Logoterapeutico, basato cioè sulla ricerca e la costruzione del senso dell’esistenza come base di molte problematiche psicologiche (Frankl, 1950).

Avrebbe in seguito avuto modo di osservare la sua teoria in azione nel modo più atroce: ebreo, fu infatti deportato in alcuni campi di concentramento, da cui riuscì a sopravvivere solo per scoprire di avere, in quegli anni, perso l’intera sua famiglia. La sua esperienza è riportata nel libro Uno psicologo nei lager (Frankl, 2012); aveva osservato che, nella stralunata e disumana fisicità dei campi, i deportati che riuscivano a intravedervi un futuro, un senso in prospettiva, avevano alcune chance di sopravvivere in più.

Naturalmente la carriera di Frankl non si sarebbe conclusa con la fine della guerra, che anzi sancì la ripartenza di una carriera professionale ricchissima e varia; le sue descrizioni del disagio mentale ancora oggi brillano per la consapevolezza contestuale, l’umanità descrittiva e la saggezza operativa.

 

L’intenzione paradossale

 

Un delle sue tecniche più famose è quella denominata “intenzione paradossale”. Nasce da una constatazione precisa, semplice e brillante allo stesso tempo: il fatto che le persone hanno intenzione di eliminare i loro sintomi, o le loro emozioni o sensazioni sgradevoli crea le condizioni per la loro permanenza; consiste, come da definizione (Frankl, 1985) nella “messa in pratica deliberata di un’abitudine o di un pensiero nevrotico, intrapresa con lo scopo di rimuoverlo”; apparentemente il terapeuta si fa promotore di un peggioramento dei sintomi, tale da permettere il loro superamento.

Come sarebbe stato rilevato in seguito dal gruppo di studio del Mental Research Institute di Palo Alto, infatti, le persone, nel tentativo di eliminarle procedono mettendo in atto una serie di “tentate soluzioni” che però, quando non funzionano, entrano a far parte del problema peggiorandolo. Sebbene gli studi del gruppo di Palo Alto siano successivi alle prime, fondamentali, intuizioni di Viktor Frankl, si inseriscono perfettamente nella stessa scia; quest’ultimo anzi ha anticipato decisamente i tempi, e senza poter fare affidamento sui concetti (utilizzati solo in seguito) derivati dalla teoria dei sistemi e dalla cibernetica, ne ha fatto uso (almeno dapprincipio) senza conoscerli. Alcuni esempi.

Nevrosi ansiosa:

Osserviamo di continuo che la paura del paziente con nevrosi ansiosa aumenta sino a diventare paura dell’ansia”. Con questa folgorante affermazione Frankl mostra di aver compreso appieno la dinamica-base dei problemi di panico; la sua intenzione paradossale, che in questo caso consiste nel persuadere il paziente a sforzarsi di aumentare la propria ansia al posto che cercare di ridurla, preconizza i più recenti protocolli per il trattamento breve strategico dei disturbi di panico (Nardone, 2016)

Nevrosi ossessiva:

“Le cose stanno diversamente per quanto riguarda la nevrosi ossessiva: il paziente ha paura dell’ossessione. Mentre il nevrotico ansioso scappa davanti all’ansia, il nevrotico ossessivo si mette a combattere contro l’ossessione”. Un intervento simile può essere messo in campo quando il paziente, al posto di combattere le proprie emozioni (come nel caso di alcuni disturbi d’ansia), si oppone pervicacemente al proprio pensiero, ingaggiando con esso duelli mentali senza fine. In questo caso l’intenzione paradossale di andare a cercare i propri pensieri più scomodi e sgradevoli, anzichè sforzarsi di evitarli e sopprimerli, permette il superamento del disturbo (vedi il caso riportato in Paoli, 2014)

Nevrosi sessuale

“La reazione è ancora differente nella nevrosi sessuale: la lotta per il desiderio è il tratto caratteristico del modello di reazione nevrotico sessuale.” Ancora una volta Frankl mostra di aver intuito alla perfezione il funzionamento di alcuni disturbi sessuali maschili, in cui lo sforzo di ottenere la risposta fisica eccitatoria inibisce proprio quella reazione che i pazienti desidererebbero. “Nei primi due casi abbiamo la paura di qualcosa di abnorme, nell’ultimo invece il desiderio forzato di qualcosa di normale”. Qui l’intenzione paradossale consiste nella voluntary disclosure, nella dichiarazione del segreto temuto e perturbante: quando ‘lui’ dichiara apertamente il rischio di defaillance a cui va incontro, la tensione ansiosa verso la performance si scioglie, permettendo che la natura faccia il suo corso (Nardone e Rampin, 2005).

 

Altre applicazioni dell’intenzione paradossale

 

Intenzione paradossale in terapia della famiglia.

Dal punto di vista di Haley (2010)i sintomi all’interno del sistema familiare esistono all’interno di un complesso gioco di potere fra le persone coinvolte: tipicamente, il paziente non ha il potere di fare a meno del sintomo, che ha il potere di attivare i tentativi dei familiari di risolvere il sintomo, che non hanno il potere di risolverlo. Il gioco è circolare e complesso fra le sue parti, e mantenuto da tutti i partecipanti. L’intenzione paradossa di manifestare il sintomo annulla le possibilità di controreagire dei partecipanti del gioco, ed in questo modo indebolisce il sintomo stesso.

Intenzione paradossale nei disturbi psicosomatici

Ataoglu e colleghi (1998) hanno mostrato l’alto tasso di efficacia di un intervento di sole tre settimane, basato sui principi dell’intenzione paradossale, su pazienti che accusavano dei sintomi di conversione simili a delle pseudo-crisi epilettiche di origine psicologica. Non solo il 93% dei pazienti hanno superato completamente il problema, ma questo risultato è nettamente superiore a quello ottenuto dai farmaci ansiolitici, che portavano a soluzione solo il 60% dei casi. Si tratta, è importante sottolinearlo, di un risultato importante, che traccia una decisa evidenza empirica per le terapie paradossali per questo tipo di disturbi, superiore alla farmacoterapia.

Intenzione paradossale e insonnia

L’efficacia dell’intenzione paradossale nel trattamento dell’insonnia è ormai assodata da numerose ricerche (vedi Morin e Espie, 2003). A fronte di un numero medio di ore di sonno in costante diminuzione nel mondo occidentale da alcuni decenni, infatti, i problemi di insonnia, oppure di sonno tormentato o poco riposante, sono molto frequenti. Spesso però la soluzione tentata è peggiore del male quando si pensa di poter, tramite un po’ di concentrazione e disciplina, evocare il sonno tanto desiderato. E’ qui infatti che si costruisce il circolo vizioso dell’insonnia: mi sforzo di dormire, e lo sforzo stesso impedisce il rilassamento ed il sonno. Per questo l’intenzione paradossale (resto sdraiato, rilassandomi senza – assolutamente evitando! – di dormire) funziona: sbloccando il circolo vizioso, getta tra le braccia di Morfeo.

 

Il successo dell’intenzione paradossale

 

L’intenzione paradossale si configura ormai come una tecnica comune a diversi approcci terapeutici; non solo la Terapia Breve Strategica vi trova un’illustre antesignana delle sue elaborazioni successive (vedi ad es. Madanes, 1984), ma ormai anche la terapia cognitivo-comportamentale ne ha integrati i principi (Ameli e Dattilio, 2013), anche nella corrente Acceptance and Commitment Therapy (Sharp, 2004). Gli interventi paradossali, inoltre, fanno parte di una serie di approcci psicoterapeutici (per una rassegna più completa vedi Riebel, 1984). Il successo della tecnica e la memoria del suo creatore sono solo un piccolo segno del suo valore, che esula e sorpassa, dal nostro punto di vista, gli anni e le tendenze teoriche.

 

Riferimenti Bibliografici

Ameli, M., & Dattilio, F. M. (2013). Enhancing cognitive behavior therapy with logotherapy: Techniques for clinical practice. Psychotherapy50(3), 387.

Ascher, L. M., & Efran, J. S. (1978). Use of paradoxical intention in a behavioral program for sleep onset insomnia. Journal of Consulting and Clinical Psychology46(3), 547.

Ascher, L. M., & Schotte, D. E. (1999). Paradoxical intention and recursive anxiety. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry30(2), 71-79.

Ataoglu, A., Ozcetin, A., Icmeli, C., & Ozbulut, O. (2003). Paradoxical therapy in conversion reaction. Journal of Korean medical science18(4), 581.

ATAOĞLU, A., Aytekin, S. I. R., & ÖZKAN, M. (1998). Paradoxical therapy in conversion disorder. Turkish Journal of Medical Sciences28(4), 419-422.

Frankl, V. (1950). Homo patiens. Soffrire con dignità. Brescia: Queriniana Editrice.

Frankl, V. E. (2001). Logoterapia: medicina dell’anima. Milano: Gribaudi.

Frankl, V. E. (2012). Uno psicologo nei lager. Milano: Ares.

Haley, J. (2010). La terapia del problem-solving. Milano: Franco Angeli.

Madanes, C. (1984). Behind the one-way mirror: advances in the practice of strategic therapy. San Francisco: Jossey Bass.

Morin, C. M., Espie, C. A. (2003). Insomnia: a clinician’s guide to assessment and treatment. New York: Kluwer Academic Publichers.

Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico: liberi per sempre dalla paura patologica. Firenze: Ponte alle Grazie.

Nardone, G., Rampin, M. (2005). La mente contro la natura. Terapia Breve Strategica dei problemi sessuali. Firenze: Ponte alle Grazie.

Paoli, B. (2014). Come parla un terapeuta: la ristrutturazione strategica. Milano: Franco Angeli.

Riebel, L. (1984). Paradoxical intention strategies: A review of rationales. Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training21(2), 260.

Sharp, W. G., Wilson, K. G., & Schulenberg, S. E. (2004). Use of paradoxical intention in the context of Acceptance and Commitment Therapy. Psychological reports95(3), 946-948.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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