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Ognuno di noi vorrebbe essere diverso da com’è, in qualche modo.
Vorremmo essere più sinceri, più decisi, più energici, più allegri, felici; vorremmo evitare la tristezza, la nostalgia, o il dolore, il grande nemico dei nostri tempi.
Molti pensano non solo che a loro piacerebbe essere diversi, ma che dovrebbero esserlo. Religioni e ideologie, ognuna a modo proprio, hanno stratificato, poco al di sotto della nostra consapevolezza, idee in base alle quali dovremmo, per essere buoni, di valore, desiderabili e desiderati, riuscire ad imporci un perenne ottimismo, o una costante generosità, o ancora, costante prestanza fisica o psicologica. Diversi da come siamo: mostrare solo determinate caratteristiche e, quando possibile, cancellarne delle altre. Un gara contro noi stessi in cui, comunque vada, qualcosa di noi perde la partita (leggi approfondimento).
Nei paesi dell’ex Jugoslavia (specialmente in Bosnia, e perdonate l’apparente cambio drastico di argomento), le diverse etnie, mescolate da secoli di storia, coabitavano, non senza conflitti, nelle stesse aree. Con l’emergere delle ideologie nazionaliste, che prevedono un popolo, una collettività coerente per storia, lingua, cultura e religione, stabilito su un determinato territorio che ne è lo stato di riferimento (lo stato-nazione), molte zone dei balcani, con la loro anarchica contradditorietà etnica e religiosa, costituivano un problema…ricordiamo tutti, drammaticamente, quanto la frase di Hegel “Se i fatti non concordano con la teoria, tanto peggio per i fatti”, fosse attuale nella guerra che insanguinò quei territori agli inizi degli anni ’90. E se i popoli su un terreno sono mischiati? Bisogna fare pulizia e mettere ordine.
Tornando alla mente e all’uomo, aiuterebbe forse immaginare la nostra mente come una regione balcanica in miniatura. La sua bellezza e ricchezza risiede nell’essere una tavolozza di colori diversi, non uno sfondo uniforme; un insieme di etnie e religioni, in contraddizione le une con le altre, non uno stato nazione; il regno delle logiche non ordinarie, non il trono della ragione. Sta a noi scegliere (e possiamo farlo!) se avviare guerre contro noi stessi, oppure se tollerare anche ciò di noi che non ci piace, ciò che ci fa sentire a disagio, ciò di cui ci vergogniamo o che istintivamente sopprimeremmo.
Riprendendo la preghiera, laica e spirituale ad un tempo, di un grande filosofo:
Facci umani.
L. Wittgenstein
Si dice che la parola Balcani derivi da due termini che i Turchi, combattendo con le popolazioni del luogo, scelsero per descriverle: miele e sangue. Se dentro di noi abbiamo entrambi, non abbiamo però la possibilità di sentire il dolce del primo senza, occasionalmente, sperimentare il sapore aspro del secondo.
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Dott. Giacomo Crivellaro
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze e Parma
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Segnalo il bell’articolo di un collega che per esprimere un concetto per certi versi
simile, ha usato una metafora diversa: le “periferie della mente”.
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