Lentamente, camminiamo stanchi sulla terra incartapecorita; scrocchia sotto i piedi. Bocca secca e allappata, braccia stanche, gambe antiquate e rigide. Un uccello moribondo lancia il suo ultimo richiamo, poi si lascia andare; il campo di battaglia è vuoto, le armi ormai spuntate sono abbandonate con noncuranza sotto un cielo impietoso; comincia la pioggia sottile, tutto appesantisce, e lega ad un suolo inospitale. La vita abbandona, il cuore zoppica, il respiro rinuncia: basta, ora. Basta.
Cosa misteriosa, la speranza. Attesa, trepidazione, immaginazione, fantasia….ma anche energia, azione, costruzione, intraprendenza.
Speranza in cosa, poi, dipende: ad ognuno la propria.
Autoinganno?
In quanti modi riusciamo ad ingannare noi stessi? E quanto siamo intelligenti, per poterlo fare? Dobbiamo infatti essere due o più: mentitore e gabolato, ma il primo sa di mentire. Ed ecco che, se tutto è autoinganno, siamo sempre nell’incertezza della realtà di ciò che viviamo. Perchè: chi la costruisce? Ma noi, che inganniamo noi stessi, dicendoci di possederla!
E la speranza? Per averla dobbiamo raggirarci, sapendo di farlo. Anche se sono bugie a cui varrebbe la pena credere.
Depressione: la morte dell’autoinganno
Figlia dell’autoinganno, la speranza perisce di inedia quando lui smette di nutrirla.
E con essa se ne va la sensazione che il futuro riservi qualcosa che valga la pena vivere: l’inizio della depressione. Ogni luce abbandona il presente ed il futuro, i sapori si indeboliscono, i colori sbiadiscono, ogni entusiasmo abbandona il tempo da vivere. E cala la nebbia.
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Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)