Un’idea entusiasmante, quella della spontaneità. Un’idea rigenerante, perchè tratteggia un reale nel quale sia possibile essere sè stessi (cioè reagire come viene spontaneo), esprimere la nostra vera natura – o forse non solo possibile, moralmente giusto.
Un’idea entusiasmante anche quando calata nella psicoterapia: pensare che “essere spontanei” sia anche ciò che fa bene al paziente. Saremmo anche confortati dalla cosiddetta ricerca dei fattori comuni (Duncan, 2010) la quale identifica nella relazione terapeuta-paziente il principale motore del cambiamento; relazione che, manco a dirlo, è frutto della spontaneità dell’interscambio, e ben distinta dalla tecnica, alla quale è infatti relegato l’ultimo posto nei fattori deputati al cambiamento [1].
Tutto ciò cozzerebbe con l’intera tradizione strategica e ipnotica la quale, al contrario, rende la relazione e la comunicazione oggetto di tecnica e di manipolazione intenzionale. Gli studi sulla pragmatica della relazione umana (Watlawick et al., 1971) e sulla comunicazione, verbale e non verbale, sottolineano con forza come ogni aspetto della comunicazione e della relazione debba essere modificabile e adattabile alla singolarità del paziente e del disturbo che porta.
Appare quindi senza senso l’appello costante alla spontaneità che in quest’ottica rischia di diventare, da motore di libertà, una pericolosa gabbia che limita le espressioni del terapeuta in nome di una fumosa quanto inconsistente coerenza con sè stessi.
Appare sempre interessante, quindi, il famoso aforisma di Pascal
La spontaneità non è che l’ultimo apprendimento divenuto automatico.
E siccome ci riconosciamo anche nell’imperativo etico di Heinz Von Foerster, il quale ci ricorda di
Agire sempre in modo da aumentare le nostre possibilità di scelta
pensiamo che il clinico debba a sè stesso e alla propria professione un costante allargamento dello spettro dei comportamenti, verbali o non verbali, disponibili ad essere utilizzati “spontaneamente”.
[1] Detto per amor di completezza: questi autori, in effetti, forniscono anche alcuni suggerimenti per l’impostazione della relazione terapeutica, che però non raggiungono mai il livello di sofisticazione pragmatica tipica delle terapie ipnotico/strategiche.
Riferimenti bibliografici
Duncan, B. L. (2010). The heart and soul of change: delivering what works in therapy. American Psychological Association.
Watlawick, P., Beavin, J. H., Jackson, D. D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli interattivi, delle patologie, dei paradossi. Roma: Astrolabio.
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