Gli studi delle narrazioni dei pazienti con dolore cronico (ad es., Werner, 2004) evidenziano l’ambivalenza dei pazienti nei confronti del proprio dolore e delle persone che soffrono come loro. Da un lato, infatti, lo sforzo comunicativo e relazionale costante è quello di essere riconosciuti come pazienti “veri”, cioè esterni all’ambito psicologico e interni all’ambito bio-medico. Dall’altro troviamo il frequente disprezzo per chi, come loro, è impegnato nel medesimo sforzo, frequentemente etichettato come “lamentoso e piagnucolone”. In quest’ottica, l’intervento di uno psicologo rischia per la sua stessa natura di diventare la conferma della squalifica del paziente come paziente medico: se è trattato da uno psicologo, allora non è un “vero” paziente.
Johansson e colleghi (2004) hanno anche rilevato come, a fronte di una reazione squalificante e sminuente delle sofferenze di un gruppo di pazienti donne, la reazione di somatizzazione e di amplificazione dei propri dolori costituisca un tentativo di ottenere l’attenzione medica necessaria. In un circuito ridondante, un atteggiamento poco empatico da parte del personale medico può condurre alla paradossale reazione di enfatizzazione della sofferenza. Senza urlare non si è ascoltati, non si è credibili (Werner e Malterud, 2003).
Lo sforzo si sposta quindi verso l’affermazione della propria adeguatezza morale (Werner e altri, 2004), sancita dalla propria estraneità psicologica ai sintomi, nonché dall’innocenza del loro verificarsi. In questo senso, l’origine o la componente psicologica diviene una colpa, dalla quale discolparsi scindendo dalla narrazione tale dimensione in toto.
D’altra parte, l’impossibilità di fornire un preciso significato medico potrebbe spingere il professionista di formazione biologicista ad una posizione difensiva, basata sulla riduzione psicologica dei sintomi della paziente. In altre parole, messo di fronte alla propria impotenza, il medico restituisce il carico della sofferenza al paziente stesso, connotandolo come “psicosomatico”. Si tratta, come si è detto, di una manovra comunicativa atta a: 1) difendere la conoscenza medica (non è un problema medico, ma psicologico) e 2) difendere sé stesso dalla propria impotenza (siccome è un problema psicologico, non è questione che mi riguardi).
Si verifica quindi una vera “sfida per la credibilità”, che contrappone da un lato il professionista medico, dall’altro il paziente. Da più parti si segnala l’importanza di un ascolto attento e partecipato in ambito sanitario (Milanese e Milanese, 2015), fino a segnalare la possibilità di un recupero solo dove c’è riconoscimento (Werner e altri, 2003). Si è anche segnalata l’importanza di riconoscere la necessaria parzialità delle conoscenze mediche, mai assolute e totali (Werner e Milterud, 2005). Se riconosciuta, tale parzialità disinnesca la sfida per la credibilità, che non si può verificare dato che la “colpa” della cura mancata può ricadere sulla medicina anziché sulle già fragili spalle del paziente. La sfida per il potere (Haley, 1966) – potere di curare, potere di spingerti a curarmi, potere dell’autorità della conoscenza – viene meno, le energie investite nello sforzo di essere un paziente credibile possono essere spese altrove, alla ricerca di una difficile convivenza con il dolore. In caso di disturbi di conversione, là dove la cura può essere trovata, cioè in una psicoterapia efficace.
Riferimenti bibliografici
Haley, J. (1966). Problem-solving therapy: second edition. San Francisco: Jossey Bass.
Milanese, R., & Milanese, S. (2015). Il tocco, il rimedio, la parola: La comunicazione tra medico e paziente come strumento terapeutico. Ponte alle Grazie.
Johansson, E. E., Hamberg, K., Lindgren, G., & Westman, G. (1996). “I’ve been crying my way”—qualitative analysis of a group of female patients’ consultation experiences. Family Practice, 13(6), 498-503.
Werner, A., Isaksen, L. W., & Malterud, K. (2004). ‘I am not the kind of woman who complains of everything’: Illness stories on self and shame in women with chronic pain. Social science & medicine, 59(5), 1035-1045.
Werner, A., & Malterud, K. (2003). It is hard work behaving as a credible patient: Encounters between women with chronic pain and their doctors. Social Science & Medicine, 57(8), 1409–1419.
Werner, A., Steihaug, S., & Malterud, K. (2003). Encountering the continuing challenges for women with chronic pain: Recovery through recognition. Qualitative Health Research, 13(4), 491–509.
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