[vc_row][vc_column][vc_column_text]
Nelle filosofie occidentali si sono succedute molte rappresentazioni dell’Uomo, molti ritratti di un’unico soggetto, con punti di vista, pennelli e colori differenti. Ad esempio, c’è l’uomo religioso e superstizioso del medioevo, l’uomo umanista e disincantato del Rinascimento, l’uomo riflessivo dell’età dei Lumi, l’uomo sicuro di sè e della propria ragione del Positivismo, l’uomo impaurito dalle proprie creazioni e da sè stesso, l’uomo orfano da ideologie, ferito dalle guerre combattute o assistite del Novecento.
Ognuno di questi, però, rientra in alcuni assunti, idee di base che nella filosofia occidentale nessuno ha pensato di mettere in discussione, fino a tempi recentissimi: il fatto che l’Uomo sia da un lato frutto del proprio passato, dall’altro teso verso i propri scopi futuri. Come molti pensatori hanno messo in evidenza, un uomo simile è costantemente suddiviso tra ciò che ha vissuto e ciò che desidera vivere, ciò a cui tende e la narrazione di ciò che ha sperimentato, e rischia sempre di più di essere orfano dell’unico momento reale che ha a sua disposizione: il presente.
Egli si trova quindi dissociato: da un lato vive nel presente, dall’altro tende al futuro o è risucchiato dal passato. In questo modo ciò che vive risulta costantemente viziato dalle esperienze precedenti, situazioni simili ma differenti, oppure colorato dall’idea (paranoia?) non verificata che esso sia il seme di ciò che ambisce, o più spesso, del prossimo ostacolo da superare. Non c’è pace nè tregua, per l’uomo così costruito: egli è condannato allo spreco di ciò che c’è (il presente), attratto com’è da ciò che potrebbe essere o dal ricordo di ciò che è stato.
Ed è grazie ad una sempre crescente consapevolezza di questo problema, da un lato filosofico ma dall’altro molto concreto perchè incarnato nelle persone, che sempre più è nata la necessità di individuare punti di vista alternativi, che non condividessero questi assunti. E sono stati rinvenuti, naturalmente, nelle filosofie ‘altre’, quelle ‘orientali’, in particolare nella filosofia tradizionale cinese (Jullien, 2005); da notare che tali punti di vista non consistono nell’importare tecniche, rituali o concetti da altri luoghi sradicandoli dal loro contesto (la psicologia karmica, i rituali terapeutici degli Indiani d’America, l’ipnosi regressiva dei monaci Zen, ecc. ecc.), ma nella possibilità di vedere l’uomo in un modo alternativo.
L’Uomo nel presente è, innanzitutto, un Uomo Relazionale (Wittezaele, 2005), un essere vivente che non esiste isolato, un atollo nel mezzo dell’oceano, ma si relaziona, interagisce, scambia informazioni e e beni con esseri, persone e cose che stanno intorno a lui. E la relazione è necessariamente nel presente, perchè si ri-costruisce interazione dopo interazione, ed è conseguentemente, almeno in parte, senza passato e senza futuro. E se l’uomo che vive nel presente vive di relazione, rinuncia quindi almeno in parte alla difesa della sua identità, che durante l’interazione con l’altro può essere solo momentanea e soffusa, mai solida e rocciosa, la fortezza della differenziazione del Sé. Come dice Lao Tzu, “Per questa ragione il Santo evita un’enfasi troppo grande; evita di prodigarsi; evita ciò che è eccessivo”. Rimanendo poco da difendere, le armature perdono il loro valore.
—
Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta
a Firenze e Parma
è anche su Facebook (clicca qui!)
—
Jullien, F. (2005). Nutrire la vita, senza aspirare alla felicità. Milano: Raffaello Cortina.
Tzu, Lao (1973). Tao.Te-Ching. Il libro della via e della virtù. Milano: Adelphi.
Wittezaele, J. J. (2004). L’uomo in relazione. Ponte alle Grazie.
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]
Articoli Recenti
Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)