In questo post vi parlerò del lutto da covid-19. Senza avere la pretesa di fotografare ogni lutto, ogni dolore o ogni perdita – impresa impossibile, perchè ognuno di loro è diverso e unico.
Ma nel contesto dell’epidemia da covid-19, le persone che perdono una persona cara per colpa della malattia vivono qualcosa che li accomuna gli uni agli altri – o meglio, non lo vivono: un rituale sociale di saluto al defunto.
Nel celebre libro I riti di passaggio, Von Gennep (1909) ha studiato i riti, comuni a ogni passaggio da una fase di vita ad un’altra, come la nascita, il matrimonio, la nascita di un figlio o la morte. I riti di passaggio sono delle sequenze di azioni ritualizzate caratterizzate da una fase di separazione, l’entrata in una fase di margine e infine una fase in cui si ritorna, rinnovati in virtù del nuovo status, in seno alla società.
Tale sequenza, nel saluto di coloro che non ci sono più, è particolarmente importante, ed è stata sancita nelle società tradizionali dal cosiddetto periodo di lutto, costituito dalla sospensione dagli obblighi relazionali e sociali, per un periodo di tempo spesso superiore ad un mese. Anche i nostri funerali, in cui tutti accompagnano il defunto nel suo ultimo viaggio, lo salutano infine al momento della sepoltura, per poi tornare alle loro case, uscendo da quella porta sull’altro mondo che è il cimitero, non fanno eccezione.
Non a caso gli studi di Von Gennep hanno fornito le basi per i successivi lavori sull’utilizzo del rituale in psicoterapia (Van der Hart, 1983) e per il supporto al dolore del lutto (Van der Hart, 1987; Cagnoni e Milanese, 2009; vedi anche Campolmi e Prendi, 2019). Nel contesto del trauma di una persona mancata a causa del Covid-19 i tradizionali rituali che accompagnano nel distacco vengono meno: non c’è possibilità di salutare la salma, di piangerla insieme. Le esigenze di sicurezza sanitaria imprimono al lutto una sterzata che rischia di depredarlo della sua natura.
Se da un lato il dolore ha una dimensione individuale, personale, dall’altro quando una persona non c’è più è prezioso poterla ricordare insieme, parlare di com’era, della sua storia, glorificarne le qualità o con un po’ di ironia (perchè no?) condividerne le idiosincrasie e piccoli difetti. Tutto questo viene a mancare: drammaticamente, il trapasso avviene in solitudine per chi parte, e in isolamento o in quarantena per chi resta.
E’ stato proposto in ambito politico di istituire una giornata nazionale per ricordare le persone uccise dal SARS-cov-2; sembra una proposta adeguata ad istituire un rituale nazionale per ricordare una tragedia che ha colpito tutti, un po’ come è successo con il milite ignoto per la Prima Guerra Mondiale (leggi il post). Ma esistono anche altri livelli, come quello familiare, che si intersecano con quello individuale del dolore della perdita: è importante in questi casi che la famiglia costruisca un rituale di ricordo e commiato condiviso.
Da diverse parti arrivano segnali di allarme, secondo i quali l’assenza di questi passaggi comuni potrebbe sfociare in lutti irrisolti o complicati, problematiche psicologiche conseguenti a passaggi non compiuti (vedi Hockey e colleghi, 2007). In Terapia Breve Strategica, il pensiero di Giorgio Nardone è uno stimolo a trovare (o a inventare) rituali sostitutivi di quelli tradizionali, trasformare la compresenza in qualcosa di altrettanto significativo, basato sulla condivisione a distanza.
Se dobbiamo quindi spingerci in avanti sulla strada insidiosa del tentativo di dare qualche indicazione a chi sta vivendo questa sofferenza, ci proveremo tramite poche idee, che ognuno, in un ambito così delicato, potrà adattare alla sua sensibilità, alla propria fede (se ne ha una) o alla persona che ha dovuto salutare.
Condividete. Come si fa in alcuni funerali laici, parlate della persona scomparsa con altri, a cui mancherà. Ricordatela insieme, ridete piangendo dei ricordi felici, sapendo che rimarranno dentro di voi, non potendo più vedere colui o colei con cui li avete vissuti. Raccontatevi la sua storia, e la vostra in sua compagnia.
Vivete insieme il distacco. Organizzate una preghiera, un saluto, scrivete delle lettere al defunto e leggetele gli uni con gli altri. Potete farlo in videoconferenza (odiosa la tecnicità di questa parola in un ambito tanto sacro) oppure dandovi appuntamento alla stessa ora, ognuno in casa propria. Per sapere che qualcun altro lo farà con voi.
Prendetevi il tempo per il lutto. Vale per ogni lutto in ogni tempo, ma soprattutto nel nostro. E valeva prima della pandemia, quando una certa psichiatria ha provato (colpevolmente) a recintare la sofferenza umana nello spazio della patologia (leggi qui). Ma vale soprattutto ora, quando i rituali tradizionali di cui abbiamo parlato sono resi impossibili dalla dura legge della prevenzione. Ci vorrà tempo. La realtà dell’assenza è resa più evanescente dalla separazione abitativa, la concretezza della mancanza meno sensibile.
Difendete il tempo del vostro dolore.
Riferimenti Bibliografici
Gennep, V. (1909). I riti di passaggio. Milano: Bollati Boringhieri.
Cagnoni, F., & Milanese, R. (2009). Cambiare il passato: Superare le esperienze traumatiche con la Terapia Strategica. Milano: Ponte alle Grazie.
Campolmi, E., & Prendi, L. (2019). La terapia psicologica in oncologia: l’approccio breve strategico tra mente e malattia. Firenze: Giunti.
DeathandMourningFinalVersionNov2015Hockey, J., Kellaher, L., & Prendergast, D. (2007). Of grief and well-being: Competing conceptions of restorative ritualization. Anthropology & medicine, 14(1), 1-14.
Van der Hart, O. (1983). Rituals in psychotherapy: Transition and continuity. Ardent Media.
Van der Hart, O., & Goossens, F. A. (1987). Leave-taking rituals in mourning therapy. Israel Journal of psychiatry and related sciences, 24(1-2), 87-98.
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