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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

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Mi trovo ad un tavolo con due ragazzini, entrambi tra la fine della terza media e l’inizio della scuola superiore. Quell’età strana, in cui il corpo del bambino lascia disordinatamente il posto a quello dell’adolescente. Entrambi si apprestano a studiare, prendono senza troppa decisione i libri e i quaderni, li aprono assieme al diario, la testimonianza scritta della parola dell’insegnante, l’ultima che conta nel decidere come il tempo a casa dovrà essere utilizzato, se chini sui quaderni oppure impegnati in ben più allettanti attività.

“Devo fare un riassunto di questa storia di Odisseo” mi dice il più vicino (ci sarà ancora qualcuno che dice Ulisse? mi chiedo), “devo sottolineare le parti importanti e poi trascriverle”. “Beh” ribatto io “veramente riassumere significa leggere e capire, e poi, con parole tue, scrivere in breve la storia che hai letto”. “No, no” insiste “la prof mi ha detto che devo leggere, sottolineare e poi trascrivere”. “Ha ragione” interviene l’altro “anche a me hanno detto che per riassumere bisogna sottolineare e poi trascrivere”. Stupito cerco comunque, raccontando e spiegando, di assicurarmi che il primo si porti a casa almeno un lontano barlume di comprensione di ciò che ha letto. Quando i compiti sono finiti, però, mi interrogo sulla sbrigativa consegna dell’insegnante, oppure sul modo in cui è stata compresa dai due.

Costruire la conoscenza è diverso

da assorbirla

“I bambini sono come spugne” si sente dire spesso. E’ un’idea talmente ovvia che viene data per scontata, qualcosa di così stupidamente evidente che non c’è bisogno di discuterlo: il bambino nasce vuoto, senza esperienza. Per questo, è come un recipiente, ci vuole qualcuno per riempirlo; a lui, come una spugna, non rimane che assorbire il liquido, la conoscenza che gli viene fornita. Ma la spugna non trasforma l’acqua; si limita a prenderla, per così dire, così com’è, senza domande.

E già si percepisce il limite della metafora, che presuppone un’acquisizione passiva. Esistono però molti studiosi, da Piaget (1973) fino a Von Glaserfeld (1995), Von Foerster (1987) e altri, che hanno teorizzato un processo opposto: quello cioè in cui il bambino, il ragazzo o l’adulto costruiscono la realtà in cui vivono, che è poi la peculiare realtà che percepiscono, e corrisponde quindi alla conoscenza che possiedono. Essa quindi non può essere, secondo loro, instillata dall’esterno e ingurgitata dai malcapitati studenti: questi ultimi, al contrario, devono contribuire a costruirsela, affinchè essa sia conoscenza vera, in grado di fornire loro significati, cioè chiavi di lettura del mondo. Come? Attraverso due processi fondamentali: l’azione e la comunicazione.

Conoscere cambiando, agire per scoprire

L’azione sul mondo costituisce il primo meccanismo che permette di instaurare il circolo virtuoso della conoscenza. Il bambino, fin da piccolissimo, conosce ciò che sta attorno a lui provando a manipolarlo, lanciarlo, farlo cadere e – perchè no? – romperlo. Chi non ha presente qualche situazione in cui ha visto un neonato afferrarsi il piede e mandare un gridolino di stupore, mentre ne saggia la superficie e la resistenza, contemporaneamente scoprendo la consistenza della mano attraverso il piede stesso? Sono situazioni così usuali! Eppure è bene non dimenticare che quel bambino sta costruendo una primitiva conoscenza di una parte di sè – il piede – che potrà poi essere integrata con quella delle altre parti di sè. Ma sta scoprendo attraverso l’azione, costruendo la conoscenza del suo piede attraverso la sua manipolazione, non tramite qualche astruso processo mentale slegato dal processo (ammesso che ne esista uno).

Condividere la conoscenza degli altri,

costruire la cultura:

la comunicazione

Relazionarci con gli altri è l’altra modalità principe di creare conoscenza. La comunicazione, quell’insieme misterioso e complesso di verbale e non verbale, cognitivo e corporeo, suggestione e stimolo, permette di confrontare ciò che pensiamo con ciò che pensano gli altri (costruendo quindi la conoscenza dell’altro e per converso di noi stessi), di identificarci con i loro racconti per trarne insegnamenti per noi stessi, di vedere con i loro occhi per imparare ad agire. Crea un sentire ed un significato comuni, il più piccolo germoglio di ciò che di solito chiamiamo cultura (Fogel, 1993).

Invito all’insegnante

Sulla base di queste premesse, quanto risulta ridicolmente riduttiva la consegna riportatami dai due ragazzini! Eppure essi, senza rendersene conto, probabilmente hanno perfettamente recepito la premessa che guidava il suo operato: siamo due spugne, ed in quanto tali dobbiamo assorbire. Non modificare, non costruire, non assimilare (come ad esempio fa il nostro apparato digerente, che trasforma il cibo mentre lo digerisce), ma semplicemente portare dentro la conoscenza proposta, senza critica nè elaborazione. Solo che tale obiettivo, secondo la prospettiva del costruttivismo, è impossibile da realizzare: ogni conoscenza è per forza frutto di una operazione attiva della persona che la possiede. Quando si cerca di spogliare di ogni significato personale i contenuti scolastici, si può ottenere solo un insieme di nozioni fredde e inutili quanto un copertone usato. Altrettante pronte ad essere abbandonate, non appena si conclude l’interrogazione o il compito in classe.

Trovo che la classe insegnante dovrebbe anche porsi l’obiettivo di costruire, oltre alla conoscenza, una meta-conoscenza: la conoscenza di come si può costruire la conoscenza e, se possibile, la consapevolezza di quanto questo possa essere profondamente bello e affascinante. E’ allora, e solo allora, che la scuola avrà raggiunto il suo obiettivo: non solo far conoscere ma far sapere quanto sia bello conoscere. Avremo così, per davvero, costruito una generazione di studenti in grado di far fronte al mondo che verrà: un mondo che sarà per forza di cose diverso da quello che conosciamo, e che necessiterà di nuove abilità, impossibili, per ora, da prevedere.

Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta
a Firenze e Parma
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Bibliografia

Felder, M. F., Brent, R. (1996). Navigating the bumpy road to student-centered instruction College Teaching, 44, 43-47.

Fogel, A. (1993). Developing Through Relationships. Chicago: University of Chicago Press.

Piaget, J. (1973). La costruzione del reale del bambino. Firenze, La Nuova Italia.

Von Glasersfeld, E. (1995). Radical Constructivism: A Way of Knowing and Learning. Studies in Mathematics Education Series: 6. Falmer Press, Taylor & Francis Inc., 1900 Frost Road, Suite 101, Bristol, PA 19007..

Von Foerster, H. (1987). Sistemi che osservano. Roma: Astrolabio.

http://mathedseminar.pbworks.com/w/file/fetch/92413812/Cobb%201994%20-%20where%20is%20the%20mind.pdf

 

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Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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