Avere dei figli è una grossa cosa. Mette le persone di fronte ai propri limiti personali e psicologici, nonchè fisici, specialmente quando l’enorme emozione della nascita è accompagnata da una parimenti significativa diminuzione delle ore di riposo, sonno o svago disponibili. Sono frequenti le reazioni di spossatezza, nervosismo – la mancanza di sonno è una perfetta sabotatrice del tono dell’umore – la coppia attraversa di frequente un periodo di transizione, con profonde ridefinizioni dei rispettivi ruoli.
Nella moderna struttura della famiglia imperniata sulla famiglia nucleare, la cura del nuovo nato ricade quasi interamente sul membro della coppia che non lavora o che ha diritto ad una pausa lavorativa – solitamente la madre. Tutto questo, oltre a costituire una eccezione molto recente nella plurimillenaria storia del genere umano (Tomasello, 2019) pare a tratti proiettare una ombra amara sulle conquiste civili ottenute dal gentil sesso, e sicuramente pone sulle sue spalle, già provate dalla gravidanza e dal parto, un peso non indifferente, che nelle famiglie tradizionali era condiviso con altri membri della famiglia.
Tale carico emotivo e psicologico non di rado mette profondamente in difficoltà il nuovo nucleo familiare, e spesso, all’interno di una tale estesa perturbazione su più livelli, un pensiero può affacciarsi alla mente – un pensiero talmente spaventoso e terrrizzante che non di rado può evolversi in un vero e proprio disturbo: la possibilità di poter, dopo aver perso il controllo di sé, fare del male ai propri figli.
Premessa: la paura dei pensieri
Nel suo ultimo lavoro Il libro delle fobie, Giorgio Nardone pone l’accento sul fatto che la paura, istintiva e potente reazione emotiva ai pericoli, sia al giorno d’oggi primo propulsore e motore di una serie di disturbi psicologici e relazionali. In altre parole, la reazione di paura insieme ai tentativi di gestirla e tenerla sotto controllo, racchiudono un alto potenziale di generare disagio in diverse e sfaccettate forme. Senza dubbio, la paura di poter fare del male ai propri figli non fa eccezione, proprio in virtù dell’istintiva avversione che questa possibilità comporta: unisce infatti l’arcaica paura di perdere il controllo con quella, angosciante, del pericolo per l’adorato figlio o figlia.
Quando i tentativi di risolvere un problema lo esasperano…
Scatta l’allarme: la pur remota e irrealistica prospettiva deve essere completamente scongiurata. Le prime reazioni sono legate ad un purtroppo fallimentare tentativo di controllo del pensiero. In altre parole la persona si sforza di cancellare i pensieri disturbanti dalla propria coscienza – solitamente ottenendone però l’effetto opposto, dato che come è noto, “pensare di non pensare è già pensare”, e il tentativo reiterato di cancellare un pensiero ne provoca l’inaspettato rafforzamento, aumentandone la potenza e la frequenza (Bartoletti, 2019).
A volte la persona cerca di coinvolgere gli altri, nella speranza che le rassicurazioni ricevute possano avere l’effetto sperato di sconfiggere il dubbio, in quella che in breve tempo diviene una sfida – persa in partenza – fra ragionamenti razionali e dubbi, o angosce, irrazionali ed emotivamente carichi.
Può anche scattare l’evitamento: di tutte quelle situazioni che metterebbero a rischio la prole – quindi, paradossalmente, il genitore in questione evita di rimanere da solo con i figli. Non fidandosi più di sé stesso e delle proprie reazioni, cerca la sicurezza dei bambini nella presenza di un altro, che all’occorrenza possa intervenire e metterli al sicuro dalla propria paventata follia.
Tutti questi accorgimenti, che in termini tecnici chiamiamo “Tentate Soluzioni Disfunzionali”, non fanno altro che esacerbare il problema, fornendo consistenza percettiva alla prospettiva temuta, che da semplice e passeggero pensiero diventa fantasia ricorrente e sempre più angosciante.
Terapia Breve Strategica
Le Tentate Soluzioni, quindi, anzichè risolvere il problema finiscono per peggiorarlo costantemente, ed è proprio su di loro che si focalizza la Terapia Breve Strategica, in quanto intervento in grado di portare al collasso la paura patologica, restituendo libertà di scelta e di relazione alle persone. Nel caso della paura di fare del male ai propri figli l’intervento, basato su specifiche tecniche e processualità terapeutiche, si dipana nell’arco di alcune sedute, nella grande maggioranza dei casi in grado di portare al superamento del problema.
Riferimenti bibliografici
Bartoletti, A. (2019). Pensieri brutti e cattivi. Milano: Franco Angeli.
Nardone, G. (2023). Il libro delle fobie. Firenze: Ponte alle Grazie.
Tomasello, M. (2019). Diventare umani. Milano: Raffaello Cortina Editore.
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