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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Quando ci troviamo di fronte ad una scelta, come decidiamo quale strada intraprendere? Per la cena con gli amici, meglio un menù di carne o di pesce? In quale supermercato fare la spesa? Meglio comprare un aspirapolvere potente ma pesante da spostare o quello più maneggevole, ma meno efficace?

Per molto tempo gli studiosi hanno pensato che il nostro cervello, posto di fronte ad un bivio, utilizzasse gli strumenti tipici del ragionamento cosciente: valutare il rapporto costi/benefici, soppesare i vantaggi e gli svantaggi, trovare quale alternativa garantisse il risultato migliore. La metafora uomo macchina ha per qualche decennio fatto pensare ottimisticamente di aver capito come funziona il cervello umano: come un computer! Un calcolatore che, senza fastidiose o incontrollabili reazioni viscerali, emotive o relazionali, fosse in grado di applicare la matematica ovunque. Purtroppo o per fortuna la cosa non sembra sempre così semplice: i computer infatti, a parità di informazioni di partenza, arrivano tutti alla stessa conclusione. Gli uomini invece, come sappiamo, possono essere virtualmente in disaccordo su qualsiasi cosa, dai dettagli più minuti alle ideologie più elaborate.

Non solo: non saremmo in grado di spiegare il comportamento apparentemente irrazionale di molti disturbi psicologici. Un esempio su tutti il disturbo borderline: le persone che ne soffrono sembrano essere magicamente attratte dalla strada più travagliata e dolorosa. A volte il lavoro del clinico consiste proprio nel negoziare con queste persone alternative meno drastiche, tali da non portare loro ulteriori sofferenze (vedi LeGris e colleghi, 2014).

 

Emozioni e decisioni

 

Antonio Damasio è un neurologo. E’ anche uno studioso con una formazione ampissima, e un ricercatore; ha scritto alcuni libri davvero fondamentali, il primo e forse più famoso dei quali si intitola significativamente “L’errore di Cartesio: emozione, ragione e cervello”. Nel testo viene rivalutato grandemente il ruolo delle emozioni in molte funzioni cognitive, e nelle decisioni, molto più di quanto non si facesse in precedenza. Mi è sembrata molto interessante la cosiddetta “ipotesi del marcatore somatico”, proverò a descriverla in breve.

L’idea è che quando siamo di fronte ad una scelta ci costruiamo delle rappresentazioni mentali dei possibili scenari che si verificherebbero se intraprendessimo le diverse opzioni. Immaginiamo di guidare la nostra macchina e di trovarci di fronte ad un bivio, e le strade sono entrambe conosciute. Come decidere quale scegliere? “Se vado a destra incontrerò quelle case, troverò quei negozi, passerò di fianco al centro commerciale, e poi su quella rotonda così trafficata. Di qua invece, c’è la strada di campagna, più lunga, ma anche molto meno trafficata”. Ci costruiamo delle “storie” di cosa ci accadrà se scegliessimo una strada, piuttosto che l’altra. Ognuna ci stimola delle sensazioni corporee, positive o negative: “La strada di città è più breve, ma trafficata”, e già ci sembra di percepire i clacson, le code, il continuo gioco di piede, per frenare e ripartire, frenare e ripartire. “La strada di campagna forse è più lunga, ma molto meno frequentata” ed ecco che ci vediamo mentre, placidamente, guidiamo tra gli alberi: nessuna rotonda o semaforo, le poche macchine che incontro non mi intralciano, e così via. Al termine di questo processo la conclusione: la rappresentazione che stimola le sensazioni migliori è quella prescelta. Ecco il ruolo delle emozioni nelle decisioni: farci da guida tramite il piacere o la repulsione allo scenario preconizzato. Ed il ruolo della razionalità? Molto meno centrale di quanto si fosse pensato.

 

L’uno non esclude l’altro

 

Il marker somatico forza la nostra attenzione sulla conclusione negativa a cui una certa azione può portare, e funziona come un segnale automatico di allarme, che dice: attenzione, pericolo! se scegli l’opzione che porta qui. Il segnale può indurre a rigettare, immediatamente, la sequenza negativa di azioni e quindi farti scegliere fra altre alternative (Damasio, 1994).

Ed è ora, in seconda battuta, che entra in scena la valutazione razionale. Ora possiamo soppesare i costi e i benefici, ora pensiamo con calma: una volta ridotto il ventaglio di possibilità, su base essenzialmente emotiva o sensoriale. La razionalità, in altri termini, arriva dopo, e non prima, le reazioni più viscerali. E tende a concentrarsi sulle opzioni che non sono state scartate in precedenza.

 

Come peggiorare: prendere decisioni strategicamente

 

La tecnica del “come peggiorare”, una prescrizione usatissima in psicoterapia strategica (vedi Haley, 1974; Nardone e Balbi, 2008; Nardone, 2009), cerca di attivare proprio questo meccanismo: chiede al paziente di farsi una domanda apparentemente irrazionale, da porsi tutte le mattine, prima di affrontare la giornata. “Cosa dovrei fare oggi se volessi peggiorare volontariamente la mia situazione? Cosa dovrei fare o non fare, pensare o non pensare se volessi intenzionalmente e volontariamente renderla più difficile, tormentata, sofferta?” Al paziente viene chiesto di trovare tutte le risposte, per poi lasciare andare la giornata come viene.

In altre parole al paziente viene chiesto precisamente di costruire degli scenari futuri, ma basati sul peggioramento, o sul fallimento delle sue soluzioni tentate. Questo provoca un senso di avversione verso certe azioni, pensieri o atteggiamenti: quel segnale di pericolo di cui parlava Damasio, l’allarme che lo spingerà ad evitarli. Anche chi non è un addetto ai lavori può apprezzare l’utilità di questa prescrizioni, in tutte quelle situazioni in cui sono proprio le soluzioni tentate che, non funzionando, peggiorano il problema.

La tecnica del come peggiorare e la ipotesi del marcatore somatico si incastrano perfettamente l’una con l’altra. Chiedendosi come peggiorare, il paziente costruisce lo scenario che, come sostiene Damasio, lo spinge ad evitare una certa strada (quella che, se venisse intrapresa, gli provocherebbe le sensazioni più sgradevoli) e ad intraprenderne un’altra. Usata strategicamente, la tecnica permette al paziente di costruire la sua “retta via”, quella che gli permette il maggior benessere psicofisico.

Un caso interessante, di come le moderne scoperte neurologiche danno supporto scientifico e concettuale a tecniche psicoterapeutiche in uso ormai da diversi decenni. Ma anche il superamento del dualismo cuore/ragione, parafrasando Pascal:

Esistono ragioni che la ragione non conosce.

 

Bibliografia

Damasio, A. (1994). L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Milano: Adelphi.

Haley, J. (1974). Strategie della psicoterapia. Firenze: Sansoni.

LeGris, J., Toplak, M., & Links, P. S. (2014). Affective decision making in women with borderline personality disorder. Journal of Personality Disorders28(5), 698-719.

Nardone, G. (2009). Problem-solving strategico da tasca. L’arte di trovare soluzioni a problemi irrisolvibili. Firenze: Ponte alle Grazie.

Nardone, G., Balbi, E. (2008). Solcare il mare all’insaputa del cielo. Lezioni sul cambiamento terapeutico e le logiche non ordinarie. Firenze: Ponte alle Grazie.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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