“Tutto ciò che è percepito esiste, e nient’altro che questo” diceva Nietsche. Non deve stupire quindi il fatto che i pensieri che quotidianamente (qualcuno direbbe costantemente) la nostra mente costruisce possano in definitiva essere a nostro vantaggio, oppure a nostro scapito.
Essi contribuiscono a costruire le realtà che viviamo giorno dopo giorno, e quando tali realtà paiono favorevoli o piacevoli, li accettiamo serenamente, ma quando si rimane intrappolati nelle gabbie del malessere, si tende a sperimentarli come indesiderati o intrusivi – che si intromettono cioè, non voluti nè tantomeno invitati, nella nostra vita mentale.
Essi, come ospiti indesiderati – combattuti o, infine, sconsolatamente subiti – si presentano alla tavola della nostra coscienza, imponendo la loro presenza e non di rado rovinando il pasto agli altri convitati. Come vedremo, possono avere diverse origini – diversi meccanismi mentali li creano e donano loro quella ostinata vitalità. Vediamone alcuni.
Profezie catastrofiche con “filmini mentali”
Il 6 gennaio 1986 venne effettuata la prima proiezione cinematografica dei fratelli Lumière, “L’arrivo di un treno presso la stazione di La Ciotat”, 55 secondi di ripresa in tutto. La macchina da presa, posizionata a fianco dei binari del treno, pareva quasi essere travolta dal suo arrivo – o almeno così sembrò a quei primi spettatori che, sopraffatti dall’emozione, fecero per scappare dalla sala, temendo quasi l’arrivo di un vero treno. La percezione viene rafforzata dall’emozione e viceversa, regalando una più forte veridicità all’esperienza.
In un certo senso simile è il meccanismo che vive chi si trova, più o meno spesso, sottoposto alle immagini di qualche disastro o catastrofe che, la mente suggerisce, potrebbe accadergli da un momento all’altro. Potrebbe essere la fantasia di perdere il controllo di sè, impazzire, e fare male a qualcuno (spesso i propri cari o i propri figli), potrebbe essere qualcosa di collegato al periodo storico (negli ultimi anni abbiamo avuto dapprima fantasie di morte da malattia, seguite a stretto giro da paventate catastrofi nucleari), oppure l’idea di poter perdere il lavoro e concludere la propria vita in poverta’ ed emarginazione. Come nel caso degli spettatori dei fratelli Lumière, la reazione psicofisica spesso ricalca quella che si avrebbe di fronte ad un episodio reale: paura, terrore, aumento del battito cardiaco e della respirazione, ma soprattutto una diffusa sensazione di pesantezza emotiva e corporea. Spesso si accompagnano a reazioni depressive.
Pensieri ossessivi
I pensieri che abbiamo sono “nostri”? Siamo noi ad averli e crearli, un po’ come si potrebbe decidere di fare un caffè, costruire un tavolo o tenere un discorso? Oppure semplicemente avvengono, frutto costante e non sempre benvenuto della perenne attività fisiologica della mente che, un po’ come la digestione, crea prodotti e residui di scarto?
Quando una persona convinta di poter (o dovere) controllare i propri pensieri li incontra – specialmente quando paurosi, brutti, poco edificanti, in altre parole “negativi” – applica la Tentata Soluzione del controllo, e cerca di scacciarli ed eliminarli. Ma (ne ho parlato qui) questo provoca velocemente un cortocircuito: la mente, per sapere quali pensieri eliminare, va prima a cercarli – vale a dire li evoca, creandoli – e a quel punto sono già arrivati, rendendo paradossalmente controproducente lo sforzo di controllo, che amplifica i pensieri in questione anziché farli scomparire. Il cortocircuito in questione riguarda il fatto che sono proprio i pensieri più disturbanti, e quindi più rifiutati, che trovano linfa vitale nel tentativo di eliminarli.
Dubbi patologici: “vorrei esserne certo”
Esiste una classe di domande che, sono per loro stessa natura “indecidibili”, cioè non forniscono la possibilità di trovare, tramite il ragionamento razionale, una risposta. “Lo amo davvero?”, “sono forse omosessuale?”, “Dovrei studiare veterinaria oppure infermieristica?” sono domande alle quali, qualora si tentasse di rispondere in maniera certa tramite una esclusivamente ragionevole logica, basata sul bilanciamento dei pro e dei contro, ci si potrebbe trovare intrappolati in una serie potenzialmente infinita di argomentazioni e contro-argomentazioni.
Se ad esempio ci limitassimo alla prima (infinite le varianti: “E’ vero amore?”, “E’ un amore sano?” oppure “Mi ama davvero?”) troveremmo che, qualsiasi segnale trovassimo della presenza, per la verità estremamente difficile da valutare, della presenza di qualcosa di così arduo da definire come l'”amore”, non sarebbe probabilmente abbastanza. E’ gentile e quindi mi ama? Mah. Potrebbe essere semplicemente una persona garbata. Il sesso è stellare? Potrebbe essere amore ma forse di un tipo malato. Mi manda un messaggino di saluto tutte le sere? Beh, però ieri mi è arrivato solo sul tardi, forse se ne stava già dimenticando…
Quando il santo Graal della desiderata risposta definitiva a questi dubbi viene ancora, e ancora, perseguita con caparbietà, porta frequentemente la persona in questione a trovarsi intrappolata in una serie di domande e di risposte dalle quali sarà sempre più difficile uscire. I dubbi stessi, a questo punto, vengono vissuti come pensieri intrusivi, la presenza costante e invasiva di cui abbiamo parlato.
Rabbia: guai a lei se la trovo
Colleghi di lavoro, la suocera, i passanti antipatici e gli automobilisti della domenica, la vicina, il postino con la multa da ritirare, i cani che abbaiano, la politica, la zia saccente e il cugino approfittatore, i passeri che la mattina cantano troppo presto: chi più ne ha più ne metta, le fonti di rabbia sono potenzialmente infinite. Può essere un potente segnale di frustrazione o insoddisfazione, ma quando si focalizza su una persona o una situazione specifica può dare origine ad una lunga catena di rimuginazioni e di pensieri intrusivi che si ripresentano anche quando meno sarebbero desiderati, ad esempio di notte.
Pensieri intrusivi e trauma psicologico
Quando si verifica un evento particolarmente pericoloso, intenso o violento, la memoria di quell’episodio rimane, per così dire, bloccata, non consentendone la usuale metabolizzazione, quella che porta ad un graduale assorbimento nella trama complessiva della storia personale, sfumandone l’impatto sul presente. Al contrario, il meccanismo mentale di assimilazione sembra girare su sé stesso come un apparecchio rotto, riproponendo continuamente la memoria di quanto si è vissuto, con il suo corredo di sensazioni corporee ed emotive. Tali immagini intrusive spesso provocano una intensa paura, nella quale la visione del presente sfuma nel passato dell’evento traumatico, che in questo modo entra a far parte del presente, in un paradosso temporale che almeno in parte spiega la difficoltà che alcuni incontrano ad “andare avanti con la loro vita”.
Si tratta di una delle caratteristiche del PTSD, Disturbi da Stress Post-Traumatico, molto diffuso tra i reduci di tutte le guerre. Per loro, tornare alla vita civile comportava anche la fatica di trovare una difficile armonia fra due mondi contrapposti e apparentemente antinomici: quello della guerra, violento e senza regole nè prevedibilità, e quello di pace, pieno di routine da rispettare e tollerare giorno dopo giorno. Ed ecco che, a complicare la situazione, i ricordi traumatici tornavano a infestare il presente: il rumore di un elicottero antincendio riportava istanteneamento al momento della battaglia, del pericolo e della morte. In questo senso, i pensieri intrusivi del trauma psicologico non sono solo pensieri, bensì immagini sensazioni, la potente e subitanea intromissione di uno stato passato che erutta nell’oggi.
Terapia Breve Strategica
L’approccio della Terapia Breve Strategica, sviluppato presso il CTS di Arezzo, ha studiato attentamente ognuna di queste varianti di pensieri intrusivi, strutturato rigorosi ma elastici protocolli di intervento per ognuna di esse. I protocolli sono pensati per coniugare efficacia ed efficienza (cioè la capacità di ottenere risultati in tempi brevi) con la necessaria adattabilità alle caratteristiche proprie della persona in questione, gestalt molto più grande del ridotto segmento del problema sviluppato.
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