Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo.
William Shakespeare
Esiste un fenomeno conosciuto fin dall’antichità, il quale ha ricevuto, nel corso della storia, una molteplicità di nomi e soprannomi: quello di crisi convulsive non scatenate da problemi neurologici. L’incidenza statistica ne fotografa la frequenza in massimo cinque persone su centomila; si tratta di attacchi convulsivi, dei quali la persona non ha memoria cosciente, scatenati di un problema psicologico sottostante. La durata è variabile (frequentemente maggiore di quella degli attacchi epilettici) e spesso si manifestano in concomitanza con eventi, interazioni o stress insostenibili per la peculiare psicologia del paziente. Nei tempi più remoti si erano visti appioppare il nome di isteria, che rimanda all’idea che la sua origine fosse scaturita da un “utero vagante”. Più recentemente gli studiosi hanno abbandonato la mappatura delle ipotetiche peregrinazioni uterine per concentrarsi su altre, più moderne ma non meno complicate, origini.
Segue un elenco di possibili denominazioni, ad uso e consumo del paziente che, comprensibilmente confuso, volesse saperne di più. Ogni presunta causa ha portato ad un diverso nome, rendendo lo studio e la condivisione scientifica dei risultati complessa e macchinosa. Inoltre, spesso chi ne è affetto è convinto (e come dargli torto?) di soffrire di un problema neurologico: la comunicazione della diagnosi da parte del medico è difficile e spesso incontra notevoli resistenze. Donde la ricerca di denominazioni intrise del virtuosismo barocco necessario ad annacquare una scomoda verità: le crisi del paziente sono un problema psicologico, non neurologico. Le terapie che abbiamo sono efficaci, ma si basano sul trattamento della mente, non dei circuiti neurali.
Pseudo-crisi epilettiche. Tale denominazione privativa si basa sull’idea di definirle per ciò che NON sono, cioè attacchi epilettici. In altre parole, ci si astiene prudentemente dall’indicare l’origine: non sono epilettici, ma possono avere un genesi fisica di altro tipo. Oppure potrebbero essere psicogeni. Per ora non si sa.
Crisi convulsive funzionali. Tale locuzione dal vago sapore ottocentesco si basa sull’idea che negli episodi convulsivi su base psicologica viene a mancare una funzione neurologica (cioè la coscienza o l’intenzionalità del movimento) senza che ci sia un problema strutturale del sistema nervoso. E’ un modo più elegante, rispetto al precedente, di dire ciò che non sono: non sono problemi strutturali cerebrali. Ha lo scomodo effetto di lasciare alla fantasia dell’ascoltatore la necessaria conclusione: “ma se non sono neurologiche, allora…?”
Attacchi/crisi convulsive psicogene. Qui il clinico intrepido si spinge un passo oltre, arrivando ad esporre la propria persona ai contrattacchi scatenati da quella parolina: “psicogene”. Senza troppi rimpianti ci si lascia alle spalle la non completamente priva di perigli zona della neurologia per addentrarsi nella tana del bianconiglio: “psicogene…” E la psiche si dispiega davanti alla consapevolezza del paziente, lasciandolo spaventato di fronte ai modi in cui è stata immaginata.
Convulsioni/crisi dissociative. Tale etichetta fa riferimento ad un meccanismo psicologico, la dissociazione, naturale in condizioni di stress o conflitto irrisolvibile: la messa in “stand by” della coscienza consapevole. Fa riferimento al fatto che, al termine delle crisi convulsive psicogene, le persone non hanno memoria di ciò che hanno vissuto o di ciò che è accaduto attorno a loro durante la crisi. Donde, l’origine dissociativa (un meccanismo psicologico, non neurologico), dell’evento.
Tanta creatività nel nominare una diagnosi si è ripetuta più volte nella storia della psichiatria e della psicopatologia. Troviamo però che molti problemi potrebbero essere superati più agevolmente se il clinico che propone la diagnosi potesse essere in grado di fare maggior uso di una risorsa di cui, purtroppo, è spessissimo a corto: il tempo. Anziché comportarsi come una sorta di “postino diagnostico”, che consegna il proprio responso per subito passare ad altre consegne, potrebbe in quel caso accompagnare il paziente nella comprensione e nella modifica di un punto di vista che, a quel punto, si è probabilmente strutturato negli anni. Purtroppo spesso questo non è possibile…
Riferimenti bibliografici
Beghi, M., Peroni, F., & Cornaggia, C. M. (2020). Reply to: We need a functioning name for PNES: Considering dissociative seizures. Epilepsy & Behavior, 109.
Bowman, E. S. (2006). Why conversion seizures should be classified as a dissociative disorder. Psychiatric Clinics, 29(1), 185-211.
Kerr, W. T., & Stern, J. M. (2020). We need a functioning name for PNES: consider dissociative seizures. Epilepsy & Behavior, 105.
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