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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Tra gli strumenti a disposizione degli educatori, far sì che un comportamento indesiderato sia seguito da un evento spiacevole ha sicuramente un posto importante. “Se non prendi un buon voto ti togliamo il cellulare!”, nella speranza che il figlio si impegni nello studio.

Le punizioni costituivano la colonna portante delle famiglie autoritarie, ma hanno perso progressivamente importanza nell’attuale spostamento verso modelli sempre più democratici e permissivi. L’idea che la libertà di scelta e di espressione dei propri piccoli possa essere limitata o frustrata sembra spaventare molto i neo-genitori, preccupati di provocare pericolosi “traumi” o “blocchi” nei figli. Tale “democratica comprensione” in famiglia, però, non sembra creare meno problemi della rude “durezza” dei genitori di una volta: se da un lato, in quest’ultima la comunicazione con la nuova generazione rischiava di risultare carente, scavando fossati di incomprensione e silenzio, la prima rischia di generare persone imbevute dell’onnipotenza dei propri diritti, fatalmente a mal partito a confronto con la realtà esterna, dura e noncurante dei loro bisogni.

La via di mezzo? Un’educazione che abbandona il concetto di punizione a favore di quello di “conseguenza”; che insegna la consapevolezza per l’esito di ogni azione, positiva o negativa che sia. Ma quali sono le differenze fra conseguenze e punizioni?

 

La punizione: tra giustizia e rabbia

 

La punizione è somministrata con rabbia, ed è un tentativo di correggere la persona a cui è diretta. (O’ Hanlon & O’ Hanlon, 1991)

Negli anni di praticantato e “gavetta”, io stesso ho assistito e a volte promosso punizioni che, devo dire, raramente hanno portato al risultato sperato. La sequenza che porta alla punizione è questa: l’educando (bambino, adolescente o adulto che sia) mette in atto il comportamento indesiderato; non rispetta le regole o gli operatori, rompe oggetti, si comporta in modo aggressivo verso gli altri. L’operatore, educatore o psicologo della struttura cerca di fermare il comportamento, spesso parlandone, confrontandosi o cercando di calmare l’altro. Quando tutto ciò fallisce, perde la pazienza, si arrabbia a sua volta, e sfruttando la posizione di potere che occupa, minaccia ed infine somministra la punizione.

 

Tale sequenza si verifica in molte famiglie, soprattutto quando i figli sono piccoli, ma comporta alcuni problemi:

 

  • Spesso la punizione non ha alcun nesso logico che la colleghi all’intemperanza del ragazzo. In una struttura per minori con cui ho lavorato, era pratica usuale far lavare i piatti al ragazzo che rientrava in ritardo dall’uscita pomeridiana: cosa aveva a che fare la punizione con la trasgressione? Apparentemente niente, ma come mi fu risposto quando chiesi spiegazioni, “Qui si è sempre fatto così”.

  • Quando la rabbia dell’educatore/genitore svanisce, spesso gli è difficile persistere nella sua applicazione. Un uomo con cui ho avuto modo di lavorare aveva punito la figlioletta dopo un diverbio. La punizione consisteva nel fatto che quest’ultima non avrebbe ricevuto un regalo molto desiderato, che le era stato promesso dal padre. Solo che quest’ultimo la amava follemente, e rientrare in casa con qualche piccolo pensierino da scartare insieme costituiva una fonte di gioia enorme, alla quale gli risultava difficile resistere. La punizione paventata fu poi abbandonata a danno dell’autorevolezza del genitore.

 

Dalle punizioni alle conseguenze:

educazione alla vita autonoma

 

La conseguenza, al contrario, include l’idea che tutti noi dobbiamo sostenere sulle spalle i risultati delle nostre azioni (Nardone et al., 2012). Purtroppo vediamo sempre più casi in cui questo semplice principio educativo non viene rispettato dalle famiglie, impegnate fin troppo spesso a proteggere i pargoli prediletti da frustrazioni, critiche e conflitti. Esso è invece la base della convivenza matura in società, a scuola, con i compagni ed in seguito con i colleghi di lavoro.

  • La conseguenza è comunicata senza acredine, evitando di manifestare astio o rabbia verso il/la giovane, che viene con naturalezza “messo di fronte” alla semplice conclusione del suo operato. Può essere d’aiuto ai genitori rimandare il “parlare della conseguenza” in un secondo momento, in modo da superare la rabbia iniziale.

  • Essa sarà collegata logicamente all’intemperanza/trasgressione, e tale nesso logico deve essere chiaro e cristallino. Ad esempio: un ragazzino che usa troppo il cellulare (giochi, sms o altro) finisce per sottrarre il tempo e la concentrazione necessari allo studio. I genitori, quando chiamati dalla scuola, possono decidere di dedicare un momento della giornata allo studio senza che il cellulare sia raggiungibile, per poi restituirlo al termine dello studio.

 

Più spesso, invece, le figure educative impongono punizioni scollegate al problema, come togliere la paghetta oppure mandare “in punizione” il ragazzo la sera, spedendolo in camera sua ‘a riflettere’. La stessa confisca del cellulare per diversi giorni rientra in un approccio punitivo.

 

 

In conclusione…

 

Ho cercato di dare qualche esempio, spero utile ed utilizzabile, di uno strumento e di un principio educativo. Tuttavia penso che non esistano regole universali! Quindi il mio invito è: sperimentate, provate, inventate! il modo di educare che più funziona per i vostri figli e per voi…

Ricordo la frase di John Wilmot:

Prima di sposarmi avevo sei teorie circa l’educazione dei figli. Ora, ho sei figli e nessuna teoria.

 

DOTT. GIACOMO CRIVELLARO, PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA
FIRENZE E PARMA
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Bibliografia

Nardone, G. & l’equipe del Centro di Terapia Strategica (2012). Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Firenze: Ponte alle Grazie.

O’ Hanlon, P. H., O’ Hanlon, W. H. (1991). Rewriting Love Stories: Brief Marital Therapy. Now York: Norton.

 



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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