Sentire le voci: le spiegazioni per questo fenomeno sono state molte, nei diversi periodi storici. Nell’antichità e nelle società tradizionali era prerogativa degli sciamani ed in seguito dei ‘mistici’, i religiosi in grado di porsi direttamente in relazione con il divino. Nella Bibbia sono raccontati molti episodi in cui questo o quel personaggio ‘sente’ o parla con Dio. Maometto ha ricevuto la sua rivelazione (poi trascritta nel Corano) dall’Arcangelo Gabriele, a sua volta latore della parola divina.
Sentire le voci in psichiatria
In tempi più recenti (durante la prima metà del novecento) sono diventate ‘allucinazioni uditive’, e dopo il lavoro dello psichiatra Kurt Schneider, sintomo di grave patologia psichica, solitamente schizofrenia o più in generale psicosi (vedi Rosenhan, 1988).
Alla base dell’attuale impostazione psichiatrica prevalente vi è la convinzione che la percezione di voci ‘inesistenti’ sia un fenomeno piuttosto isolato e raro nella popolazione, comunque riconducibile a gravi quadri psicopatologici. Tale idea è stata generalmente data per scontata, e non dovrebbe quindi stupire l’esiguo numero di studi che sono stati condotti per verificarla.
Quante persone sentono le voci?
Il primo di cui vorrei parlarvi non fu condotto da psichiatri, ma dalla Society for Psychical Research, un gruppo di studiosi dediti allo studio dei fenomeni paranormali. Lo studio chiedeva in forma scritta ai partecipanti (ben diciassettemila!) se ricordavano episodi in cui avevano udito delle voci rivolgersi a loro, senza che vi fosse una persona presente, nel tentativo di provare l’esistenza della telepatia.
Il secondo studio, come si può immaginare piuttosto diverso dal primo, è stato compiuto a distanza di un secolo. Se la ricerca della Society of Psychical Research fu condotta nel 1984, quella di Tien e colleghi, nel 1991, ha cercato di rilevare l’incidenza delle allucinazioni sulla popolazione generale, utilizzando un campione di circa 18000 persone.
Dalla Psicosi agli ‘uditori di voci’
Il ritratto generale emerso del fenomeno “sentire le voci” è piuttosto incoerente con le idee tradizionalmente accettate dalla psichiatria biologica. Da un lato, infatti, ‘sentire le voci’ sembra essere un’esperienza molto più comune della psicosi. Non solo tali percezioni inusuali si verificano anche in caso di Stress Post-Traumatico (Kaufman et al., 1997)), lutto (Zisook & Shear, 2009), grave stress o deprivazione sensoriale (Watzlawick, 1976), oltre che in una moltitudine di problemi neurologici (Sacks, 2013), ma in alcuni casi le ‘voci’ non risultano affatto minacciose o negative ma, al contrario possono essere incoraggianti, supportive oppure dare utili consigli (Longden et al., 2012).
Ma questo non dovrebbe stupire, dato che siamo a conoscenza di una pletora di personalità della religione, della storia e dell’arte che anziché esserne invalidati, le utilizzavano come utile fonte di ispirazione. Pensiamo solo a Giovanna d’Arco e Sant’Agostino, Andy Warhol e Vincent Von Gogh, Rainer Maria Rilke e Gandhi. Non è un caso se lo studioso Julian Jaynes considera le voci come una tappa dell’attuale evoluzione della coscienza umana (Jaynes, 1982). Negli ultimi anni, infatti, le persone che sentono le voci preferiscono chiamarsi ‘uditori di voci’, termine intenzionalmente scevro da ogni connotazione psicopatologica.
In conclusione…
Ma quindi? Sono un grave sintomo psicopatologico oppure una compagnia (solo a volte) scomoda? Un importante psicologo clinico (Bentall, 2004) consiglia di utilizzare come unico metro di valutazione la percezione della persona. Secondo Bentall l’equazione allucinazione=psicosi è frutto di una certa impostazione psichiatrica, che non trova saldo riscontro negli studi più recenti. Le voci andrebbero quindi trattate come altre esperienze umane: problematiche da affrontare in ambito psicoterapeutico, ma solo se vissute negativamente dalle persone (Salvini e Bottini, 2011). In molti casi sarebbero quindi da evitare pericolosi etichettamenti, che rischiano di formulare potenti profezie che si autoavverano.
Bibliografia
Bentall, R. P. (2004). Madness explained: Psychosis and human nature. Penguin UK.
Jaynes, J. (1982). The origins of counsciousness in the breakdown of the bicameral mind. New York: Mariner Books.
Kaufman, J., Birmaher, B., Clayton, S., Retano, A., & Wongchaowart, B. (1997). Case study: trauma-related hallucinations. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 36(11), 1602-1605.
Longden, E., Madill, A., Waterman, G. (2012). Dissociation, Trauma,
Rosenhan, D. L. (1973). Essere sani in posti insani. In Watzlawick, P. (1988). Contributi al costruttivismo. Milano: Feltrinelli.
Sacks, O. (2013). Allucinazioni. Milano: Adelphi.
Salvini, A. & Bottini, R. (2011). Il nostro inquilino segreto. Psicologia e psicoterapia della coscienza. Milano: Ponte alle Grazie.
Tien, A. Y. (1991). Distribution of hallucinations in the population. Social psychiatry and psychiatric epidemiology, 26(6), 287-292.
Watzlawick, P. (1976). La realtà della realtà: comunicazione disinformazione confusione. Roma: Astrolabio.
Zisook, S., & Shear, K. (2009). Grief and bereavement: what psychiatrists need to know. World Psychiatry, 8(2), 67-74.
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