[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ogni vita è un viaggio nello sconosciuto.
Alan Fogel
Chi sono? Che cosa mi rende ciò che sono, con la mia identità? Che cosa mi permette di rimanere me stesso in situazioni diverse?
Sono domande fondamentali, le cui risposte ci permettono di vivere e di relazionarci.
Percepire un senso di coerenza che ci permette di sperimentarci come noi stessi in ogni situazione ci dà la possibilità di possedere una struttura di identità abbastanza stabile da sorreggerci e flessibile quanto basta per adattarsi. Infatti, senza nessun tipo di coerenza ci troveremmo ad esistere come i colori di un’aurora boreale, costantemente cangianti; sempre mutanti, senza forma, condannati ad una perpetua metamorfosi. E’ il caso ad esempio del disturbi Borderline di personalità, condizione psicopatologica caratterizzata dalla difficoltà di sperimentare un senso di costanza identitaria: l’identità è fluida e non mantiene un fil rouge, un senso che possa connettere le diverse parti, i diversi periodi di vita, le diverse esperienze.
La cultura occidentale, filosofica e scientifica, ha fatto della coerenza e della razionalità una vera e propria religione, al punto di portarla all’eccesso, di sfiorare il fanatismo. Pensiamo di poter utilizzare la ragione per capire che cosa sia giusto fare in ogni situazione (tralasciando altre abilità fondamentali, come l’intuito e l’azione istintiva), pensiamo di poter dare forma alle nostre emozioni ragionandoci sopra (cosa impossibile per la natura stessa delle emozioni, che sfugge al controllo della razionalità) e ci identifichiamo con alcune nostre caratteristiche che ci de-finiscono (cioè “limitano lontano da”) e distinguono (cioè “segnano nella separazione da”).
Quante volte infatti si sente dire, a fronte di reazioni strane o esagerate, “Non ero più io”, “Non so cosa mi è preso”?
Purtroppo la convinzione di poter controllare le nostre reazioni tramite la ragione, il pensiero e la razionalità tende a costruire, quando esasperata, vere e proprie realtà patologiche. Pensiamo ai disturbi ossessivi, in cui il controllo del pensiero invade completamente la quotidianeità del presente – e più lo si controlla più tende a ribellarsi alla costrizione della volontà, o ai disturbi d’ansia, in cui il tentativo di sopprimere con intenzionalmente le reazioni paurose le fa avvitare su sè stesse, rafforzandole sempre più.
Al contrario, la moderna epistemologia (cioè la scienza che studia come costruiamo la nostra realtà) mostra come il Sè sia lungi dall’essere monolitico. Non siamo quindi solidi nelle nostre caratteristiche; anche noi andiamo incontro ad una fluidità costante in relazione alle situazioni che viviamo (anche se poi, guardandoci indietro, ci riconosciamo sempre in “Noi nel Nostro Passato”). Alcuni autori hanno chiamato questa visione del Sè, che interagisce con sè stesso, il “Sè Dialogico”. Si tratta in altre parole di noi in relazione con noi stessi: come diceva uno psicologo con cui ho avuto la fortuna di lavorare, ‘Noi non siamo un inquilino, siamo un condominio. Quando ci si incontra per la riunione condominiale, nascono i problemi‘. Aggiungo io: i problemi nascono perchè cerchiamo di avere una voce unica, compatta (quella dell’inquilino singolo), accorgendoci con timore di ottenere, spesso e volentieri, solo un caos disorganico di voci in contraddizione fra di loro. Come sopportarlo? Ecco alcuni suggerimenti:
1 – Siete un condominio! Fateci l’abitudine, ma non vi preoccupate: nonostante ciò che vi hanno detto, è normale. E’ normale essere in disaccordo con sè stessi, è normale provare odio e amore per la stessa persona, è normale essere disgustati da ciò che ci attira, è normale trovarsi irrazionali e contraddittori. Fa parte della natura umana, della sua identità indefinita. Lasciate perdere per un attimo i Greci, con il loro inseguire la ragione come via per la felicità; lasciamo perdere anche la felicità. Se vogliamo vivere decentemente dobbiamo scendere a patti con le nostre ambivalenze; esse ci rendono umani!
2 – Tutto ciò a cui vi opponete si rafforza. Quando un fiume ingrossa per un’abbondante pioggia, per evitare inondazioni è molto più funzionale costruire una serie di canali di sfogo che permettano all’acqua di defluire. Anche gli argini possono funzionare: ma quando poi l’acqua li supera, travolge tutto ciò che incontra. La stessa cosa accade con i nostri pensieri ed emozioni: ogni aspetto di noi stessi a cui ci opponiamo acquista più forza; allora potremmo dover alzare gli argini e rafforzarli sempre più. Forse reggeranno, ma se dovessero poi cedere? Ecco la crisi.
3 – Evitate la coerenza ad ogni costo! “Nulla è più pericoloso di un’idea quando è l’unica che abbiamo”, diceva Paul Watzlawick. E lui, reduce dalle disavventure ideologiche europee della prima metà del Novecento (e relativi genocidi), doveva saperlo bene. Permettetevi di avere opinioni e idee diverse: ognuna, come diceva Siddharta Gautama, è una ‘zattera per guadare un fiume’. E’ utile a raggiungere qualche obiettivo; finita la traversata, non è detto che serva ancora. Potrà forse essere sostituita da un’altra idea, da un’altra convinzione, altrettanto utile ed altrettanto superflua.
Ricordate che, dopotutto,
“Non esiste l’autoinganno, perchè tutto è un autoinganno!”
Paul Watzlawick
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Dott. Giacomo Crivellaro
Psicologo Psicoterapeuta
a Firenze e Parma
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