La Sindrome dell’Impostore fa riferimento alla sensazione, nelle persone di successo, di avere raggiunto la propria posizione senza averla meritata, per una combinazione di fortuna, caso e caratteristiche “altre” (simpatia, cordialità, eccetera). Comporta il malessere della coscienza della propria inadeguatezza e l’angoscia del momento in cui le proprie presunte insufficienze diverranno visibili agli altri, con il temuto corollario di vergogna e rovina: la verità, infatti, pensa chi ne soffre, emergerà infine quando sarà troppo tardi. Vale a dire, quando ormai gli effetti delle proprie manchevolezze saranno ormai visibili e irrecuperabili: il fallimento [1].
Va differenziata per le sue caratteristiche percettive dalle altre tipologie di paura dell’inadeguatezza (Milanese, 2020), in cui la percezione di essere sempre in procinto di sbagliare può accompagnarsi a quella di avere in sé un errore o carenza fondamentale: identificare in sé stessi il nemico da sconfiggere (Muriana e Verbitz, 2017).
Le Tentate Soluzioni della Sindrome dell’Impostore
1) Controllo e ricontrollo. Per evitare il temuto pericolo di essere scoperto/a nelle proprie inadeguatezze, la persona in questione si sforza di controllare e ricontrollare il proprio operato. Potrebbe sforzarsi di avere una esasperata attenzione ai dettagli o all’esecuzione delle proprie attività, oppure potrebbe impegnarsi in una sorta di check compulsivo finale, in cui ricontrolla l’esatta esecuzione delle azioni svolte, come se dovesse di volta in volta rassicurarsi rispetto all’assenza degli errori attesi che, lui lo sa, sono pronti dietro l’angolo.
2) Richiesta di rassicurazioni. La richiesta di rassicurazioni sul proprio operato, come in altre problematiche psicologiche e relazionali, va a costituire un potente meccanismo a feedback del problema: da un lato, fornisce un “pronto intervento” che regala una veloce quanto illusoria sensazione di sollievo, dall’altro rappresenta una prova reiterata delle proprie insicurezze. La persona, in questo modo, va infatti a “rattoppare” il fragile edificio della propria fiducia in sé con le conferme provenienti dalle altre persone, creando però una struttura pronta a cedere alla prima scossa.
3) Delega. La delega ad altri è il punto di arrivo di questa problematica, la rinuncia a dimostrare a sé stessi le proprie capacità: si delega ad altri per non rischiare di sbagliare. Se una sana delega è un passo fondamentale di una buona suddivisione del lavoro in qualsiasi azienda o struttura organizzativa, la delega patologica non è mossa da considerazioni logistiche o funzionali, ma dal bisogno di sollevare il delegante dalle sue paure del fallimento. Essa può occupare velocemente una posizione di preminente importanza nel mantenimento del problema: ogni delega patologica consolida la sensazione di inadeguatezza, rafforzando, insieme alla richiesta di rassicurazioni, una sorta di dipendenza psicologica dal delegato o dal rassicurante.
Terapia Breve Strategica della Sindrome dell’Impostore
La Terapia Breve Strategica della Sindrome dell’Impostore è imperniata sulla sostituzione delle Tentate Soluzioni sopra elencate con modalità funzionali di gestire le proprie percezioni e reazioni. Si tratta di un approccio in tempi brevi, in cui ci si dà un massimo di dieci sedute per ottenere un sostanziale miglioramento o il completo superamento del problema, puntando alla sostituzione del malessere tipico della Sindrome dell’Impostore con una sana e cauta fiducia nelle proprie abilità, lontana dagli ottimismi a tutti i costi tipici di una certa psicologia popolare come anche dal costante dubitare, fonte di malessere e disagio. Un sereno e realistico fare affidamento sulle proprie, dimostrate, capacità.
[1] La Sindrome dell’impostore non è una problematica contemplata dai manuali di psicopatologia: ciò nonostante, il suo “successo” nella psicologia popolare prima, e il proliferare degli studi più rigorosi poi, ne testimoniano l’efficacia, quantomeno evocativa, descrittiva di un modo di sentirsi (Bravata e altri, 2020). Vale anche la pena di menzionare il fatto che, nella maggioranza delle ricerche, condotte nei paesi anglosassoni, viene evidenziata con forza la sua associazione con l’appartenenza ad una minoranza (donne prima, minoranze etniche poi). Forse il mantra “Fake it till you make it”, l’idea che basti mostrare sicurezza di sé e ottimismo per realizzare quelle qualità, mostra già da tempo le sue lacune…
Riferimenti bibliografici
Milanese, S. (2020). L’ingannevole paura di non essere all’altezza. Firenze: Ponte alle Grazie.
Muriana, E., Verbitz, T. (2017). Se sei paranoico non sei mai solo! Dalla diffidenza al delirio paranoico. Roma: Alpes.
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