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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Viviamo in un mondo pieno di motivazioni.

Un mondo che tenta di imporre o di indurre delle motivazioni (perchè voi valete), in cui l’uso della parola è sempre meno l’aggettivo (essere motivato), o il nome (la motivazione, qualcosa che c’è o non c’è) e sempre di più il verbo transitivo (motivare qualcuno o qualcosa).

E in questa voglia di “motivare” o “motivarsi” troviamo ancora il paradosso del “sii spontaneo”, il tentativo di creare volontariamente qualcosa d naturale, come la motivazione. Un meccanismo che ci fa concentrare, come marionette rotte con gli occhi rivolti all’interno – distogliendoci così, dal reale sforzo volontario (fare le cose), cosa diversa, però: la disciplina.

E allora un moltiplicarsi di tecniche, strategie, stratagemmi, tattiche relazionali, economiche, lavorative per motivare meglio. Un’azione su qualcuno per ottenere un cambiamento spontaneo in quella persona, l’apoteosi dei paradossi. Ma alcuni studiosi, a partire da un importante psicologo americano, Roy Baumeister (1986) hanno potuto verificare che il tentativo di motivare qualcuno può facilmente tradursi (e non c’è da stupirsi) nella inibizione della performance a cui si puntava. Per ottenere peggiori risultati, e meglio, esistono però alcune accortezze da seguire: vediamo quali.

 

Competizione

E come ti sbagli? Gli studi mostrano un peggioramento della performance nei compiti percettivi e reattivi quando la competizione è esplicita (qualcun altro giudica e compara i risultati dei diversi partecipanti), ma soprattutto quando è implicita (tale giudizio viene formulato dalla persona stessa). La competizione peggiora le prestazioni quando è interiorizzata dalla persona stessa: quando cioè si concentra non più su ciò che sta facendo, ma su quanto lo stia facendo meglio o peggio degli altri.

 

Premi

Sembra che i premi influiscano sull’attenzione, ed è stato mostrato che, su compiti puramente cognitivi, l’attesa del premio influisca negativamente sulla performance. In altre parole, soprattutto quando lo sforzo di concentrazione e di ragionamento è implicato, il premio appare come lo sfondo luminoso del ragionamento, rendendolo opaco e poco gestibile.

 

Punizioni

Anche qui, la situazione è sfumata. Da un lato, sono stati condotto pochi studi sugli effetti delle punizioni sulla performance, anche se è probabile che alcuni contesti (come ad esempio il gioco di squadra) possano attivare, a fronte della cattiva performance di un membro, delle reazioni da parte degli altri che agiscono come punizioni (isolamento, minore coinvolgimento nel gioco, ecc.).

 

Salienza identitaria

Più la mia performance indica, a me e agli altri, “di che pasta sono fatto”, “quanto valgo” e simili, più è probabile che al primo segno di sconfitta o di rallentamento, preso dal panico peggiori la mia prestazione sempre di più, fino al collasso completo. La paura della disfatta si trasforma nel tracollo.

 

Audience

Il pubblico rispecchia il valore dell’attore, del musicista, dell’atleta. Ma rispecchia anche le inclinazioni delle persone che ne fanno parte, le simpatie, i malumori; oltre al famigerato effetto folla, il fatto che un gruppo di persone possa dare vita a comportamenti e reazioni che mai sarebbero proprie delle singole personalità che ne fanno parte (Le Bon, 1970). Per un performer considerare solo il primo aspetto, ed escludere gli altri, porta a giudicare sè stesso in base alle reazione dell’audience che si trova davanti. Questo costituisce un altro potente fattore di distrazione rispetto al compito, che può dare avvio al blocco della performance.

 

In conclusione…

Ciò che salta all’occhio è che una serie di interventi atti ad aumentare la motivazione possono, quando esasperati, diventare un potente ostacolo alla performance. In effetti, una volta presente una motivazione interna (cioè il desiderio di raggiungere un determinato risultato e la risolutezza nel perseguirlo), non sono per forza necessari altri motivatori, che diventano distrattori. Ad esempio, uno studio (Beilock & Carr, 2001) ha rilevato un peggioramento dei risultati di giocatori di golf professionisti, quando sottoposti alle condizioni che abbiamo elencato. Tendevano infatti a potenziare l’attenzione volontaria alle azioni di gioco, a discapito della accessibilità delle memorie procedurali implicite ed automatiche necessarie. Gli stessi autori (Beilock & Carr, 2005) hanno rilevato un peggioramento delle capacità matematiche quando i soggetti erano posti sotto pressione: in questo caso, erano soprattutto i soggetti con le maggiori capacità di ragionamento a subire il peggiormento delle prestazioni, quelli in grado di risolvere i problemi più complessi.

Non vogliamo dire che la pressione sia sempre da evitare: fa parte dello sviluppo di un’abilità l’aumento della capacità di applicarla in contesti difficili. Ma un conto è pensare di applicare quell’abilità nonostante la pressione: situazione differente è quella in cui un coach o un insegnante, dotato di buone ma ingenue intenzioni, crea un contesto di pressione con l’intento di migliorare le prestazioni, finendo paradossalmente per peggiorarle.

 

Bibliografia

Baumeister, R. F., & Showers, C. J. (1986). A review of paradoxical performance effects: Choking under pressure in sports and mental tests. European Journal of Social Psychology16(4), 361-383.

Beilock, S. L., & Carr, T. H. (2001). On the fragility of skilled performance: What governs choking under pressure?. Journal of experimental psychology: General130(4), 701.

Beilock, S. L., & Carr, T. H. (2005). When high-powered people fail: Working memory and “choking under pressure” in math. Psychological science16(2), 101-105.

Le Bon, G. (1970). Psicologia delle folle. Un’analisi del comportamento delle masse. Milano: TEA Pratica.

 

 



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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