Gli esami nella vita non finiscono mai, ha detto Eduardo de Filippo; da qui l’importanza di imparare a superare l’ansia da esame, o utilizzarla a nostro vantaggio. Se un certo livello di attivazione ansiosa può migliorare la performance accademica (soprattutto se si trasforma in azione, vedi Cassady e Johnson, 2002), infatti, superata una certa soglia si assiste ad un deperimento dei risultati.
Ci sono gli esami scolastici, gli esami e le prove sportive, l’esame della patente. Persino un primo appuntamento può essere un esame: di sé e della propria capacità di sedurre, ma anche dell’altro (vediamo se mi ci trovo bene). Per ognuno di questi esiste una quota d’ansia “ottimale” (che fa ‘mettere il turbo’ e migliora le prestazioni) e un livello di pericolo. Ecco che può diventare una muraglia che richiede specifici accorgimenti per essere superata.
Superare l’ansia pre-esame con il metodo di studio
Ci sono tanti modi per studiare; alcuni aiutano a superare l’ansia da esame, altri la aumentano. Possiamo individuare delle utili linee guida, ma non esistono ricette buone per ogni palato. Esistono però principi che è bene tenere a mente (vedi anche Rampin, 2012 e Bartoletti, 2013).
1 – Lo studio serve a imparare, non ad essere sicuri di essere promossi.
Sembra una banalità, ma ci sono una moltitudine di studenti che seguono rituali di studio complessi e laboriosi perché qualcuno (la mamma, un compagno di classe, a volte persino una professoressa) ha detto loro che così bisogna fare. Hanno cominciato ad applicare la prescrizione senza verificare che si adatti al loro stile di apprendimento o alla loro personalità; alcune volte ha funzionato, altre no. Quando qualcosa è andato storto, hanno cominciato a pensare che forse non applicavano abbastanza bene il metodo, e lo hanno reso ancora più faticoso e oneroso in termini di tempo. Mi è capitato di lavorare con studenti che si sottoponevano a pomeriggi massacranti per rispettare il metodo che seguivano, trasformando lo studio in una vera e propria tortura che, manco a dirlo, non migliorava neanche un po’ il loro apprendimento. Essi includevano: leggere il libro una prima volta; rileggerlo una seconda, sottolineando (con un arcobaleno di pennarelli e matitine) le parti importanti; trascrivere le parti sottolineate (rispettando le “tipologie” di sottolineatura) in schemi, accuratamente catalogati in un quaderno a parte; studio e rilettura degli appunti presi in classe; ricostruzione dello schema (ancora in un altro quaderno), integrandolo con gli appunti. Un incubo.
Il mio suggerimento è quello di adattare il metodo di studio a voi, non viceversa. Sperimentate ciò che funziona e che prende meno tempo, e usatelo. Impostare lo studio altrimenti, basandosi cioè sulla ricerca della sicurezza del risultati, equivale a spianare la strada all’ansia. Non esiste un metodo di studio in grado di soppiantare l’esperienza di affrontare gli esami e sperimentare in prima persona cosa funziona e cosa no. Al contrario, le maratone di ripasso ritualizzato rischiano di contribuire significativamente al mantenimento dello stato ansioso, innestandolo sulla Tentata Soluzione Disfunzionale dell’ipercontrollo.
2 – Rielaborare per assimilare.
Cominciate a pensare allo studio come un atto creativo; state letteralmente costruendo la vostra conoscenza. Potreste persino pensare che il vostro obiettivo non deve essere quello di avere nella vostra testa la fotocopia di ciò che hanno detto gli altri, ma la vostra personale versione di ciò che c’era da capire. Ciò che otterrete sarà qualcosa che vi sarà difficile dimenticare perchè sarà legato a voi, e viceversa.
Immaginate la nostra mente come una costellazione di “snodi” (i neuroni) legati ed in relazione gli uni con gli altri. Più un concetto (“snodo”) è in relazione con esperienze passate, emozioni e altri concetti (ancora “snodi”), maggiore sarà la possibilità di ricordarvelo. Conseguenza necessaria di quanto detto è che dovete puntare a mettere in relazione ciò che imparate con voi, con la vostra storia, con ciò che già sapete.
3 – Ripetere!
Come tutti gli attori sanno bene, ascoltare il suono della propria voce è quanto di più deprimente vi sia al mondo. Non appena ci immaginiamo di parlare di fronte ad un audience, ecco che sentiamo una sensazione strisciante di goffaggine e di imbarazzo salire per la spina dorsale. Ma se riuscite ad andare oltre la vergogna, vi accorgerete che ripetere ad alta voce (mi raccomando a braccio, non leggendo dagli appunti) vi aiuta a ricordare e persino a comprendere meglio. Ricordate: la lingua costruisce le nostre rappresentazioni mentali, non le descrive.
Prima del salto: tecniche di gestione dell’ansia
Alcuni studenti, alla vigilia della prova, sono sopraffatti da fantasie funeste: non solo non passerò l’esame, probabilmente mi impappinero’, mi verrà la tremarella, i sudori freddi, sarò lo zimbello di tutti e sarò costretto a fuggire inseguito dal disgusto del prof. e dalle risate scroscianti dei compagni. Superare l’ansia da esame cercando di sopprimerla non è una buona idea: ha la cattiva abitudine di ribellarsi ai nostri tentativi di ‘imbrigliarla’, crescendo mentre cerchiamo di combatterla. La strategia opposta – e vincente – è quella di cercare attivamente le brutte fantasie ansiose, fino a farla collassare su di sé.
Superare l’ansia da esame orale
Sguardo
Durante l’esame, gli unici indizi della qualità dei concetti esposti sono le reazioni dell’insegnante (o dell’assistente universitario per l’accademia). Molti studenti, incerti della prova per carattere o impreparazione, scrutano il viso della loro titolata controparte in cerca di qualche segnale di errore (più spesso) o di incoraggiamento (raramente). Il prof. o chi ne fa le veci assiste con fastidio crescente alle titubanze dell’esaminato (eccone un altro che non sa nulla), irritazione che non riesce a nascondere a lungo. E i timori dell’ormai tremolante studente sono infine confermati; l’esame si conclude con un professore esasperato con il/la giovane, mentre quest’ultimo/a cerca inutilmente di rendersi invisibile o assume la posa da “cagnolino orfano ingiustamente abbandonato”, finendo per irrobustire la già salda avversione dell’altro.
Non sto dicendo di proseguire l’esposizione senza badare al prof, come missili balistici lanciati senza rimedio verso l’olocausto nucleare. È saggio però rilevare le sue reazioni con uno sguardo fluttuante, che si muova circolarmente attorno al perimetro della sua faccia, evitando di assumere lo sguardo vitreo e fisso proprio di molte specie di organismi acquatici. Il movimento circolare degli occhi ha anche il vantaggio di catturare l’attenzione dell’interlocutore, rendendovi di colpo più interessanti, a prescindere dalla qualità del vostro verbalizzato (Nardone, 2015). Questo, a sua volta, vi farà sentire più a vostro agio, più vicini a superare l’ansia da esame.
Respiro
Nel bel mezzo dell’esposizione, proprio quando state mettendo in mostra le più belle perle della vostra abilità oratoria, potrebbe mancarvi il respiro. In questi casi, spesso la Tentata Soluzione è sforzarsi di incamerare sempre più aria, inspirare sempre più forte, cosa che spesso crea l’orribile sensazione di non avere più spazio libero nei polmoni: come se avessimo bisogno proprio dell’ossigeno che non riusciamo più a far entrare. In questi casi è d’obbligo invertire la tendenza: espellere cioè tutta l’aria dai polmoni, e solo dopo ricominciare a respirare normalmente, una volta risolto il ‘blocco’. Se doveste trovarvi in questa situazione nel mezzo di un orale, chiedete un break di pochi secondi all’insegnante (ne bastano un paio per riprendere fiato): se avrete seguito tutti i punti precedenti saranno davvero pochi quelli che si opporranno.
Scandire bene le parole
per rallentare emozioni e chiarire il pensiero. Nello sforzo di evidenziare l’ampiezza della scienza acquisita, alcuni studenti impostano l’eloquio su “mitragliatrice d’assalto Gatling – 2000 parole al minuto”. Spesso il risultato è un’insalata di parole, concetti e riferimenti che nella migliore delle ipotesi lascerà l’insegnante perplesso e un po’ intimorito – dalla prospettiva di un vostro crollo psico/fisico in sede d’esame, sia chiaro. Intendiamoci, parlare velocemente può essere un utile talento in alcuni casi, ma vorrei che immaginaste di essere, più che un artigliere fuori controllo, un freddo cecchino. Addestratevi a dosare le parole e ad adeguare la risposta alla domanda specifica che vi è stata fatta. Risposte brevi ma efficaci, scarne ma precise. A questo punto, osservate senza farvi notare (vedi sopra) le reazioni: alcuni professori si diranno soddisfatti di ciò che avete detto, altri vi faranno intendere (prima di tutto con la comunicazione non verbale) di aspettarsi qualcosa di più: ora potete lanciarvi in un discorso più completo. Rallentare il ritmo delle parole ha anche un potente effetto preventivo dell’ansia: parlare piano fa respirare piano, mantenere un tono basso e calmo rallenta il battito cardiaco, in un circolo virtuoso che tiene l’ansia sotto controllo.
Superare l’ansia da esame scritto
La pazienza è la virtù dei forti
Un errore di molti, quando di fronte ad un compito scritto, è gettarsi all’assalto delle domande senza pianificare, senza riflettere, senza aspettare. Cercare di finire il compito prima possibile equivale a soccombere all’ansia, specialmente se quest’ultima si basa sulla paura di non riuscire a concludere in tempo. Vi consiglio invece di rimandare l’inizio della scrittura di un paio di minuti, utili a leggere con calma le domande e riattivare la rete di contenuti riguardanti l’argomento (leggi sopra).
Costruire sulle risorse: cominciare da ciò che si sa
Gli esami scritti, soprattutto quelli a risposte chiuse, lasciano poche possibilità di scampo: se conoscete la risposta bene, altrimenti siete fregati. Però può darsi che in qualche sperduta regione dei vostri emisferi cerebrali sia ancora presente quell’informazione che tanto, ora, vi servirebbe e che tanto avete snobbato durante la lettura. Il mio consiglio è quindi: date un’occhiata generale alle domande e cominciate dalle risposte che conoscete. Per due motivi: primo, è l’unica cosa sensata da fare. E secondo, rispolverando le conoscenze più accessibili, è probabile che vi torni in mente qualcosa che su due piedi non ricordate, prezioso bit di informazione per le domande più ostiche.
In più, vedere meno domande ancora da completare farà diminuire il livello di ansia.
Psicoterapia Breve Strategica per superare l’ Ansia da Esame
La Psicoterapia Breve Strategica è un modello di intervento per fasi in grado di destrutturare velocemente le più importanti patologie e problematiche. Con i disturbi d’ansia in particolare, essa ha mostrato alti tassi di efficacia ed efficienza, posizionandosi stabilmente tra gli interventi più indicati per il loro superamento. Si basa sugli obiettivi dichiarati del paziente al momento della consultazione: quando l’intenzione è quella di superare l’ansia da esame, sono analizzati i meccanismi che mantengono lo stato di difficoltà. L’empasse può quindi coinvolgere gli aspetti precedentemente elencati, qualora abbia una base prettamente ansiosa: in altri casi, però, sono implicate dinamiche interattive familiari, o problematiche diverse. Superare l’ansia da esame potrebbe quindi implicare un intervento su più fronti; esso punterebbe comunque ad essere breve, efficiente e a permettere una completa risoluzione del problema in tempi brevi.
Bibliografia
Bartoletti, A. (2013). Lo studente Strategico. Come risolvere rapidamente i problemi di studio. Firenze: Ponte alle Grazie.
Rampin, M., Monduzzi, F. (2012). Come non farsi bocciare a scuola. Trucchi e astuzie per studenti, genitori e insegnanti. Milano: Salani.
Nardone, G. (2015). La nobile arte della persuasione. La magia delle parole e dei gesti. Firenze: Ponte alle Grazie.
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