Mi ci vogliono più di tre settimane per preparare un buon discorso improvvisato.
-Mark Twain-
Le terapie strategiche nascono dai fondamentali studi sulla comunicazione di Watzlawick e del gruppo di Palo Alto (1971; 1980), e dall’utilizzo tecnologico della comunicazione come motore di cambiamento (Nardone, Watzlawick, 1990). Essi insistono su un principio fondamentale: approfondire la tecnologia comunicativa implica che lo studio di come comunicare debba avere la stessa (se non maggiore) importanza dello studio di cosa comunicare.
Conoscere il messaggio da trasmettere, senza la capacità di farlo percepire all’altro, infatti, equivale ad essere a conoscenza del funzionamento dei circuiti elettrici ed elettronici, senza essere in grado di montare un interruttore. Teoricamente interessante, praticamente poco utile. Ed eccoci quindi alla metafora, cardine della comunicazione allusiva.
Metafora, analogia e allusività
“Se una scrivania ingombra è segno di una mente ingombra, qual’è il significato di una scrivania vuota?”
-Laurence Peter-
La metafora e l’analogia sono due figure retoriche che implicano la possibilità di utilizzare un determinato oggetto, situazione o persona per comunicare certi aspetti di un altro; la prima in modo più simbolico e figurato, la seconda attraverso una somiglianza più stretta (Paoli, 2014). Nella terapia, esse possiedono il vantaggio di suggerire un messaggio al paziente senza elicitare le sue resistenze, come sanno bene gli ipnotisti (Erckson, Rossi & Rossi, 1979) anche se, come lascia intendere l’aforisma di Peter, le metafore hanno la tendenza a rivoltarsi contro il loro utilizzatore, diventando esse stesse la realtà di cui originariamente si proponevano di parlare (come sanno gli operatori della salute mentale questo è il caso di molte diagnosi; da descrizioni divengono entità concrete, vedi Watzlawick, 1981).
Dato che, però, al terapeuta conviene mantenere, verso il paziente, una certa disponibilità (vedi articolo precedente), egli tenderà ad utilizzare le metafore portate da quest’ultimo. Anche considerando, infatti, che
Noi traduciamo sempre il linguaggio dell’altra persona nel nostro linguaggio
-Milton Erickson-
l’utilizzo di un linguaggio comune gioverà all’illusione di poter ottenere una comprensione comune. Non importa infatti che per tutti noi valga (quasi sempre) il fatto che
Questa è la mia opinione, e io la condivido
-Henri Mounier-
rimane fondamentale comportarsi sempre come se si fosse in grado di capire esattamente cosa dicono le persone intorno a noi, e come se loro fossero in grado di fare l’inverso. Tornando all’allusività, si allude sempre a ciò che ci sembra di aver capito, mai completamente sicuri che sia ciò che l’altro intendeva.
Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta
a Firenze e Parma
Nardone, G., Watzlawick, P. (1990). L’arte del cambiamento. Firenze: Ponte alle Grazie.
Paoli, B. (2014). Come parla un terapeuta: La ristrutturazione strategica. Milano: F. Angeli.
Watzlawick, P.(1981). La realtà inventata: Contributi al costruttivismo. Milano: Feltrinelli.
Watzlawick, P., Helmick, B. J., & Jackson, D. D. A. (1971). Pragmatica della comunicazione umana: Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi. Roma: Astrolabio.
Watzlawick, P. (1980). Il linguaggio del cambiamento: Elementi di comunicazione terapeutica. Milano: Feltrinelli.
Erickson, M. H., Rossi, S. I., & Rossi, E. L. (1979). Tecniche di suggestione ipnotica: Induzione dell’ipnosi clinica e forme di suggestione indiretta. Roma: Astrolabio.
Jullien, F. (2014). Cinque concetti proposti alla psicoanalisi. Brescia: La Scuola.
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