…lasciate che vi racconti una storia.
Alcuni secoli fa, gli abitanti dell’isola di Pasqua (allora una boscosa isola del Pacifico meridionale) costituivano una fiorente comunità. C’era benessere (calate, ve ne prego, questa parola nel contesto), una discreta uniformità culturale dovuta alle comuni origini polinesiane, e prosperità. Si stava relativamente bene, insomma: così bene che la popolazione cresceva e cresceva fino al punto in cui, come spesso accade in questi casi, il cibo per tutti cominciò a scarseggiare, dando inizio ad un periodo di carestia. Gli abitanti, in linea con le loro tradizioni, crearono le famose statue di pietra nella speranza di attrarre su di loro la benevolenza degli dei. Oggetti costosi, per l’epoca: diversi alberi dovevano essere utilizzati per costruirle, spostarle e posizionarle, ma cos’è qualche albero di fronte alla potenza del Divino? Senza accorgersene, la prosperosa comunità stava però incrementando la desertificazione dell’isola, che non fece altro che….ridurre il cibo per tutti. Ma, lungi dal fermare la costruzione delle dispendiose statue, essi vi si applicarono con ancora maggior lena, dato l’incrementato bisogno di assistenza divina. E le aree boschive diminuivano, gli animali anche, e le statue si moltiplicavano.
Con che orrore gli abitanti dovettero accorgersi di aver sacrificato l’ultimo albero (utile, se non altro, almeno per una imbarcazione) per l’ultima, splendida statua!
La storia dell’isola di Pasqua non ha un lieto fine – pare che gli abitanti, stremati e prigionieri sulla loro stessa isola, finirono per farsi la guerra gli uni con gli altri, dedicandosi al saccheggio e persino al cannibalismo.
Ma ci aiuta a introdurre l’argomento, tra i più tragicamente ironici, delle Tentate Soluzioni disfunzionali: quando un intervento non risolve un problema, se viene reiterato nel tempo tende a mantenerlo, o peggio.
Perchè cerchiamo il cambiamento?
Come fanno notare Watzlawick e colleghi (1974), spesso vogliamo ridurre la deviazione da una norma, da ciò che noi (o gli altri attorno a noi) riteniamo essere giusto, corretto, la normalità. Se pensiamo di avere meno soldi di quelli che dovremmo, ci impegneremo per aumentare le nostre entrate; se vediamo attorno a noi persone che appaiono felici, potremmo chiederci (purtroppo!) che cosa di noi non va; se facciamo nostra un’ideologia in base alla quale la proprietà privata è ciò che permette alla classe borghese di opprimere le masse lavoratrici, appoggeremo politiche che la eliminino; se siamo convinti che i comportamenti che non rispettano le indicazioni del testo sacro della nostra religione siano frutto di un’influenza demoniaca, cercheremo di eliminarli (nella speranza di eliminare, con essi, anche il diavolo). Cerchiamo di riportare, in altri termini, la realtà circostante ad una norma desiderata; sia essa interna, cioè dettata dalle nostre convinzioni e dai nostri valori, o esterna, determinata dalla società, dalla cultura, eccetera.
Vale anche per le sensazioni interne: banalmente, quando arriva l’inverno, la temperatura si abbassa, e si cerca di sopperire al cambio di temperatura esterna accendendo il riscaldamento. Inversamente, a fronte della calura estiva, si accende l’aria condizionata; si tratta di interventi basati sull’idea che il cambiamento vada ricercato tramite uno spostamento nella direzione opposta alla distanza che ci separa dalla norma (caldo, freddo; freddo, caldo).
Nel caso in cui le azioni correttive intraprese siano insufficienti, esse vengono potenziate, nella speranza che il more of the same produca il risultato desiderato; si mettiamo il maglione e fa ancora troppo freddo, si accende il riscaldamento; se il riscaldamento è già acceso si alza il termostato, e così via.
Sebbene esistano classi di problemi (come appunto il riscaldamento) in cui questo procedimento logico e lineare funziona e produce l’effetto desiderato, in altri casi si verifica l’opposto, in virtù del funzionamento logico non-lineare, ambivalente, di molti fenomeni legati ai sistemi viventi, ed in particolare ai sistemi umani (Da Costa e French, 1990; Nardone, Balbi, 2008).
Qualche esempio:
TENTATE SOLUZIONI E PROBLEMI DI COPPIA
In alcune coppie, uno dei due partner sente di amare appassionatamente l’altro, che, più prudentemente, tende invece a ‘prendersi il suo tempo’ e ad accorciare le distanze con più gradualità. Il primo, nel tentativo di rendersi più desiderabile, può dichiarare apertamente il proprio amore e riempire l’altro di attenzioni, regali e considerazione. Tutto ciò può però renderlo fastidioso agli occhi dell’altro, che si sente forzato in una relazione stretta che, per ora, preferisce non avere. Il primo a questo punto, può fare un piccolo passo indietro, e lasciare al secondo i propri spazi, godendo dei momenti belli che quest’ultimo è in grado di dare, oppure forzare ulteriormente la mano. In questo secondo caso si viene a creare un circuito disfunzionale dal quale può essere molto difficile uscire: più il primo cerca il contatto e una relazione ‘forte’, più il secondo si tira indietro. Più quest’ultimo si tira indietro, più l’altro cerca intimità e amore (Nardone, 2013).
TENTATE SOLUZIONI E ANORESSIA
Nelle famiglie con una figlia anoressica si verificano spesso fortissimi conflitti: i genitori, comprensibilmente angosciati dal crescente dimagrimento della figlia, la spingono in tutti i modi a mangiare. Naturalmente questo non fa che accrescere le resistenze della ragazza, che prosegue insistendo che è grassa e che deve dimagrire. I genitori si sforzano di convincerla che no, in realtà è bellissima così com’è, e che comunque se non mangia mette in pericolo la sua salute; e la ragazza ribatte dicendo che una sua amica le ha raccontato di una sua amica che è riuscita a perdere molti chili con una dieta letta su internet, ma sta bene e non ha nessun problema di salute; il circolo visioso, ormai instaurato, prosegue, mentre il piatto….rimane pieno (Minuchin et al., 1980; Nardone et al., 1999).
In tutte queste situazioni le Tentate Soluzioni messa in atto dalla persona o dalla famiglia, al posto di risolvere la difficoltà (riportare il valore nella norma), la complica ulteriormente trasformandola progressivamente in un problema sempre più strutturato. Per questo motivo uno dei principi del problem-solving è quello che recita: se qualcosa che fai non funziona, fai qualcosa di diverso. Insistendo con una Tentata Soluzione disfunzionale, infatti, si rischia di peggiorare la situazione sempre più.
Da questa solo apparentemente semplice constatazione si è sviluppata la Terapia Strategica presso il Mental Research Institute di Palo Alto evoluta in seguito, con la creazione di protocolli e stratagemmi costruiti ad hoc, presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo. Essa basa i propri interventi proprio sull’interruzione delle Tentate Soluzioni Disfunzionali messe in atto dal sistema relazionale o dalla persona per risolvere il problema. Le tecniche utilizzate si sono però evolute nel tempo includendo sofisticati stratagemmi di deviazione dell’attenzione, tecniche suggestive di derivazione ipnotica, prescrizioni del sintomo, prescrizioni paradossali, controrituali ed altri.
E ricordiamo sempre il famoso ‘imperativo etico’ di uno dei grandi fondatori del costruttivismo, Heinz Von Foerster, che ci ha detto:
“Agisci sempre in modo da aumentare le tue possibilità di scelta”
Dopotutto, la Psicoterapia serve a questo.
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DOTT. GIACOMO CRIVELLARO, PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA
A FIRENZE E PARMA
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Riferimenti Bibliografici
Da Costa, N., French, S. (1990). Belief, Contradiction and the logic of self-deception. American Philosophical Quarterly, 27(3), 179-197.
Minuchin, S., Bernice, R. L., Baker, L. (1980). Famiglie psicosomatiche. L’anoressia mentale nel contesto familiare. Roma: Astrolabio.
Nardone, G., Balbi, E. (2008). Solcare il mare all’insaputa del cielo. Firenze: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., Milanese, R., Verbitz, T. (1999). Le prigioni del cibo: Vomiting, Anoressia, Bulimia. La terapia in tempi brevi. Firenze: Ponte alle Grazie.
Watzlawick, P., Fisch, R., Weakland, J. (1974). Change: principles of problem formation and problem resolution. New York: Norton.
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