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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

In questi giorni di quarantena siamo tutti costretti dalla legge, e tenuti dal senso di responsabilità, a limitare i contatti sociali che fatalmente diffondono il virus. Le limitazioni ci spingono ad una vita quotidiana che non abbiamo scelto e per la quale non siamo equipaggiati, i ritmi cambiano, quasi tutti i lavori si fanno a casa, molte occupazioni sono messe in pausa e sospese completamente.

In questo momento ci sono persone che soffrono per ben altri motivi. Persone che hanno perso qualcuno, persone che offrono ogni stilla del loro tempo e delle loro energie per aiutarci tutti; ai primi va tutto il nostro supporto, ai secondi tutta la nostra riconoscenza. Lascio quindi i link a due articoli che trattano, nell’ordine:

1  –  la peculiare situazione, che si trova a vivere chi ha perso una persona cara in tempi di quarantena. I riti usuali di saluto al parente o amico sfortunato vengono a mancare in questi casi, aggiungendo strazio al dolore (link). A cura del monaco Guidalberto Bormolini, consigliato.

2  –  dello stress post-traumatico che può assalire chi, per tutti noi, combatte in prima linea il virus: il personale sanitario. Mai come ora sta diventando di fondamentale importanza attivare servizi di supporto psicologico e psicoterapia per chi in queste ore è sottoposto a turni massacranti e a scelte capitali, in cui la vita e la morte paiono toccarsi. Una interessantissima intervista di Giorgio Nardone (link).

Questo post, però, non è per loro ma per tutti gli altri, coloro che oggi sono chiusi in casa e fronteggiano la novità dell’isolamento della quarantena.

 

Mancanza di stimoli

 

Nelle nostre abitazioni senza le usuali occupazioni, gli stimoli esterni sono diradati, viviamo più momenti di vuoto, momenti in cui siamo noi a dover cercare le attività da svolgere, non loro ad inseguirci.

Una tale mancanza di stimoli può indurre sentimenti di disinteresse, mancanza di piacere o di entusiasmo, una sorta di noia estesa che pare soffocare, occupando il posto rimasto vuoto della quarantena.

Paul Watzlawick ci racconta nel suo magnifico libro del 1976 La realtà della realtà l’impatto psicologico che aveva la deprivazione sensoriale, una procedura di addestramento alle missioni spaziali consistente nel sottoporre i candidati astronauti a lunghi periodi di isolamento dalle persone e di assenza di luci e suoni. Gli effetti psicologici erano i più disparati, e una certa reazione depressiva era una di questi.

Certo non possiamo comparare la nostra quarantena a quelle durissime prove, ma questo spiega quel senso di vuoto, di noia o di abbandono che potrebbe prenderci. Come superare questa piccola prova? Andando a cercare gli stimoli che ci servono nella realtà della casa, costruire i nostri piccoli nuovi apprendimenti in ciò che la dimensione casalinga può offrire: c’è chi si dedica alle arti espressive come la pittura, chi impara a cucinare, chi si dedica alla scrittura o alla lettura, chi ne approfitta per fare quei piccoli lavoretti da tanto tempo rimandati.

Andate a cercare.

 

Fiducia: i processi che non possiamo influenzare

 

In parallelo a tutto ciò viviamo una emergenza che, senza considerare le limitazioni a cui siamo sottoposti, non possiamo controllare nè modificare. La dimensione di novità implicita in tutto ciò è abbastanza evidente: siamo abituati a poter agire, intraprendere un’azione, un’intervento, a poter insomma fare qualcosa per modificare una situazione che viviamo. Siamo così abituati a pensare che ogni cosa che accade dipenda da una azione umana che continuiamo a chiederci se il virus non si sia propagato per colpa di qualcuno, se il governo non abbia mancato in qualcosa, eccetera.

Al contrario, l’allargarsi dell’epidemia ci costringe in una posizione di passività: possiamo aspettare, senza poter fare niente per fermare il virus (anzi l’unica cosa che possiamo fare per aiutare a superare l’epidemia è precisamente evitare molte attività, a partire dall’uscire di casa [1]) che è in sè un processo piuttosto naturale.

La contraddizione è palese: fare il non fare nulla, creare la non facilitazione, costruire l’attesa paziente. Tutto ciò si svolge in una dimensione in cui siamo costretti a ripensare il nostro ruolo, tradizionalmente attivo e decisionista, su ciò che ci accade. Con le parole di Francois Jullien

Se tutto dipende da noi, la fiducia sfugge alla nostra matrice: non c’è fiducia se non c’è de-presa.

De-presa da cosa? Dall’illusione del controllo sulla realtà esterna, determinata dal’idea di poterla determinare e dai nostri tentativi di farlo. E forse è questo lo stimolo, piuttosto destabilizzante ma magari, sotto certi aspetti, salutare: costringerci a lasciare la presa sul presente, osservare senza intervenire i processi complessi e multiformi che si svolgono sotto i nostri occhi, coltivare la bellezza senza un perchè.

 

Solitudine e isolamento

 

Una riflessione a parte meritano coloro che si trovano a vivere l’isolamento in completa solitudine dentro la loro abitazione. Se avere un impegno lavorativo costituisce un utile contrappeso al tempo privato dei suoi riempitivi, la giornata impegnata alla seduta dello smartworking, ma nella stanza attigua alla stanza da letto, e che spesso è anche sala da pranzo, non è priva di rischi di alienazione.

Ma la solitudine non è sempre negativa, per chi sa sfruttare i compagni che la accompagnano: il silenzio e il vuoto. Se da un lato, in assenza di contenuti sani, essi possono invitare paranoie e ossessioni, dall’altro costituiscono il terreno che, lasciato improvvisamente libero, permette la crescita. Riporto le belle parole di una persona che ha avuto la gentilezza di condividerle con me:

La solitudine forzata può diventare una cara compagna, non fa domande inopportune, non giudica, è lì che guarda e ascolta il tuo silenzio; osserva, con te, i tuoi occhi un po’ stanchi e provati, accenna una carezza e un sorriso. La solitudine forzata danza al tuo stesso ritmo ma ti invita a rallentare, a spegnere la mente almeno per un po’, a respirare piano e ad ascoltare assieme a lei il tuo nuovo insolito respiro. La solitudine forzata  “ti insegna a non rincorrere la mediocrità per riempire i vuoti, né patire uno sguardo o un’ora d’amore”. La solitudine forzata “aiuta a staccare qualche ramo secco  e a trovare qualche risposta”. La solitudine forzata può essere una scoperta….e forse, oggi, ha davvero un senso…Arriverà il giorno, speriamo presto, in cui si tornerà alla normalità e rinuncerò a te, ma solo in parte, ogni tanto da te tornerò, con una maggiore consapevolezza, perchè con te, lentamente, ritrovo me…

 

Speranza

 

Pare che l’antica radice latina della parola speranza abbia generato nei secoli sia il verbo spagnolo esperar (aspettare) che quello inglese to speed (velocizzare, affrettarsi), e forse questo non è che il sintomo di una incapacità culturale di immaginare un modo per tendere verso qualcosa ma senza provocare strappi in sè stessi e negli altri. Eppure è proprio questo che la quarantena ci spinge a trovare: uno spazio in cui andare verso un momento in cui queste sofferenze e costrizioni saranno finite, con la pazienza di tollerare il tempo che ci separa da quel momento. Speranza, dunque, deve essere per noi: l’attesa senza strappi.

Una speranza paziente, tollerante e sempre viva.

 

[1] Chi ha qualche dimestichezza con il pensiero orientale, ed in particolare con quello taoista, non faticherà a vedere in questa posizione il parallelo moderno della non-azione (Wu-wei), tipica di quella tradizione (Lao-Tzu, 1995).

 

Riferimenti bibliografici

Jullien, F. (2017). Essere o vivere. Il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti. Milano: Feltrinelli.

Tzu, Lao (1995). Tao-te-ching. Il libro della via e della virtù. Milano: Fabbri Editori.

Watzlawick, P. (1976). La realtà della realtà: comunicazione disinformazione confusione. Roma: Astrolabio.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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