Alcuni anni fa andai a fare un corso di formazione in Israele. Eravamo ospiti di un psicologo arabo israeliano che viveva non lontano da Nazareth. Un giorno ci portò a conoscere suo nonno, un vecchio arabo pieno di ironia, semplice e ammaliatore nel suo mostrare senza riserve un sorriso sornione ed acuto. Sedeva in poltrona e ricordo in un angolo poco lontano un intero barile pieno di tabacco. Fumava sempre.
La conversazione era in arabo: io potevo contare solo su una traduzione spezzettata e sconnessa che a malapena mi permetteva di seguire il filo del discorso. Ad un certo punto quell’anziano signore si girò verso la finestra, ed indicando un punto in alto, disse qualcosa. Scese il silenzio, evidentemente quella traduzione doveva arrivarmi chiara e completa.
Si vedevano, in cima alle colline, le prime case di Nazareth Illith: il paese nuovo, costruito dagli ebrei nello sforzo dello stato di Israele. In basso, Nazareth araba. In alto, Nazareth Illith ebrea. “Lassù c’erano i miei pascoli”, diceva il vecchio. “Prima”, aggiungeva.
Ci pensai a lungo, l’immagine di quel rimpianto…cose passate, un fossato che separava quelle due cittadine così vicine ma sideralmente lontane. E mi resi conto che, quando c’è una guerra, possiamo ribellarci alla devastante verità che la morte, la distruzione, la sofferenza, il conflitto e la violenza fanno parte di questo mondo. Possiamo opporci, sbattere i piedi per terra, arrabbiarci perché non li vogliamo, oppure forse ecco, trovare un colpevole. Un pazzo, un idiota o un narcisista, come dicono oggi alcuni, sempre alla ricerca di un modo nuovo e alla moda di riciclare i termini psicopatologici. Maledire e imprecare. Possiamo prendere parte o magari diventare tifosi. Riempirci di eccitazione e odio.
Ma la semplice verità è che queste cose ci sono sempre state e ci saranno sempre. E se non vogliamo avvelenarci col nostro stesso odio, oppure (forse peggio), diventare cinici, dobbiamo concederci di provare la tristezza che ci evoca questo sfacelo. Osservare con gli occhi pieni di lacrime lo spettacolo desolante di persone che si ammazzano, sapendo di non poterci fare nulla.
E, forse, quella tristezza ci aiuterà ad essere migliori. Ma solo se non la combattiamo.
Articoli Recenti
Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)