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Credete che io stia al mondo per dar consigli?
E’ il mestiere più stupido che si possa fare. Ognuno si dia consigli da solo,
e faccia quel che può. Se la va bene, si congratuli con la sua saggezza
o la sua fortuna; se finisce male, bè, allora ci sono io.
Johann Wolfgang von Goethe
Il ruolo dello Psicologo può essere definito in modi differenti, a seconda della sensibilità personale e professionale, oltre che della peculiare situazione in cui si trova ad operare.
Nel mio caso, preferisco vedermi come un perturbatore, come colui che scientemente inserisce alcuni elementi discordanti in un equilibrio disfunzionale. Vedo l’intervento dello psicologo, in altri termini, come finalizzato a modificare l’equilibrio di un sistema umano, sia esso l’individuo o la famiglia, attraverso uno stimolo, una propulsione (Maturana, Varela, 1985), che permetta l’instaurarsi di un equilibrio differente, più soddisfacente. Egli è quindi un perturbatore dell’equilibrio esistente (Leggi articolo: “La premessa del cambiamento”).
Prendiamo il caso di una coppia con un figlio adolescente. L’adolescenza è la fase di vita in cui i bisogni di autonomia e di differenziazione dal nucleo famigliare originario diventano preponderanti, e il ragazzo/a muove i primi passi in un mondo sociale indipendente da quello dei genitori, un mondo in cui vigono norme e costumi diversi. Spesso però questa esplorazione non si svolge senza conflitti e sofferenze, e a volte intraprende strade incomprensibili ai genitori, appartenenti ad una generazione e ad una narrazione che sta al passo con fatica (vedi articolo: “Genitori in adolescenza: Istruzioni per l’uso”).
Immaginiamo ora la situazione in cui i genitori, anzichè adottare un atteggiamento di guida più distaccato, che possa essere attivato ‘al bisogno’ dal figlio, utilizzino le strategie che maggiormente hanno funzionato quando la progenie, ancora nella fase dell’infanzia, vi rispondeva come desiderato: i rimproveri, i premi e le punizioni.
Entrambe le modalità tenderanno ad esasperare i tentativi di ‘fuga’ e di ribellione dell’adolescente, il quale, per sottrarsi al controllo, potrà spingersi in comportamenti sempre più rischiosi. Naturalmente i genitori, preoccupati, insisteranno ulteriormente nei loro tentativi, provocando una ulteriore fuga verso l’esterno del ragazzo, ecc.
In casi come questi, la situazione si avvita come una spirale che risucchia tutti i partecipanti, che vivono un crescendo di malessere e frustrazione (leggi anche: “Psicoterapia Breve Strategica dei Problemi dello Sviluppo”). Una spirale che tende a mantenere sè stessa si può osservare in una moltitudine di contesti in cui l’andamento circolare delle interazioni crea problematiche che intrappolano tutta la famiglia, oppure ostacolano la crescita e l’evoluzione dell’individuo. In questo caso il lavoro sarà finalizzato a guidare progressivamente i diretti coinvolti a “fare un passo indietro per farne due avanti” (Nardone, 2012) per portare l’adolescente ad assumersi maggiori responsabilità rispetto alle sue scelte e alla possibilità di cercare il supporto dei genitori.
Il compito dello psicologo è dunque quello di fungere da perturbatore della sequenza, interrompere la spirale e modificare l’interazione, in modo da permettere a chi vi fa parte di instaurare circoli ben più benefici e produttivi (leggi di più sulla Psicoterapia Breve Strategica).
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Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta
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Maturana, H, Varela, F. J. (1985) Autopoiesi e Cognizione: la realizzazione del vivente. Venezia: Marsilio.
Nardone, G. (2012) Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Milano: Salani.
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