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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Nonostante gli anni del coronavirus siano velocemente scesi dal podio delle emergenze internazionali, lasciando il posto alla guerra in Ucraina, un recente studio riguardante le risposte psicologiche alla solitudine spinge a fare una riflessione.

Dal primo e più importante lockdown del 2020, emerse l’idea che l’isolamento sociale fosse un tutto sommato piccolo e trascurabile sacrificio da compiere, in cambio di un più efficace contrasto al virus. Il lavoro divenne “smartworking”, le relazioni e il contatto vennero soppiantate da WhatsApp e programmi di messaggistica (1), mentre si faceva sempre più forte una sorta di narrazione condivisa basata sulla colpevolizzazione di coloro che trasgredivano alle norme.

Abbiamo assistito all’improbabile spettacolo di droni all’inseguimento di passeggiatori e camminatori abusivi, il messaggio reiterato fino al martellamento televisivo contenente l’invito all’attenzione e alla responsabilità. Responsabilità: analizziamo il curioso utilizzo della parola, calato in questo contesto. Esso implica che il suo contrario, cioè l’irresponsabilità, sia in ultima analisi la colpevole del diffondersi del virus. E in cosa consisteva questa responsabilità? Nell’evitare i contatti sociali, un piccolo prezzo (secondo questa narrazione) da pagare per il bene di tutti. La conseguenza di tutto ciò è stata una diffusa colpevolizzazione degli “irresponsabili”, reperibile nei frequenti “non so come me lo sia preso”, forniti a giustificazione della presunta colpa in coloro che avevano contratto il virus, fino allo stigma sociale dei soggetti che, per un motivo o un altro, si rifiutavano di sottoporsi al vaccino. Colpa, proveniente dall’interno, come senso di responsabilità per gli effetti nefasti del proprio comportamento; vergogna, in quanto definizione del sé o di alcune sue caratteristiche come immorali o indegne (Travaglino, 2020). Fino alla decisione, senza precedenti e in un certo senso incredibile, di privare in Italia di alcuni diritti civili le persone senza green pass.

Alcuni autori, tra cui l’importante studioso Roy Baumeister (2017), hanno ipotizzato l’esistenza di un “bisogno di appartenenza” innato e presente in ogni cultura, tipico degli esseri umani come specie. Tale bisogno si manifesterebbe in una moltitudine di contesti e di rituali culturalmente determinati, ma alla cui radice si situa il medesimo desiderio, l’appartenenza ad un gruppo e ad una rete di relazioni. Interessante, in questo senso, l’esclusione dal gruppo (l’esilio o il carcere) come universale pena per i più gravi crimini.

Giorgio Nardone, nel suo libro Solitudine (2020), mostra come quest’ultima, tranne i rari casi in cui è scelta come strada per l’elevazione spirituale, si accompagna ad una moltitudine di sofferenze e severe psicopatologie. Essa sarebbe una condizione innaturale per l’uomo d’oggi, culturalmente evoluto ma biologicamente identico agli appartenenti alle tribù di cacciatori/raccoglitori, abituati a stare a stretto contatto con diverse decine di loro simili (Harari, 2014).

Lo studio di Tomova e colleghi (2020), condotto presso l’autorevole Massachusetts Institute of Technology, ha mostrato una non troppo sorprendente sovrapposizione delle aree cerebrali attivate dopo solo dieci ore di astinenza da cibo, da un lato, e da interazioni sociali, dall’altro. In altre parole, l’assenza di socialità provoca una forte brama (in inglese craving, lo stesso termine tecnico utilizzato per riferirsi al desiderio pervasivo della sostanza tipico dei tossicodipendenti), comparabile per potenza a quella della nutrizione. Ma si tratta di una dipendenza vera e propria? Per nulla: solo l’effetto della innaturale deprivazione della condizione tipica e naturale dell’essere umano, cioè la socialità.

Quello che potremmo definire un vero e proprio “moralismo pandemico” ha solide basi? In altre parole, accuseremmo di irresponsabilità chi, assetato, cerca da bere? Chi, affamato, è alla disperata ricerca di cibo? Che cosa rimane, considerando tutto ciò, di quel moralismo sbandierato da televisioni, sindaci e vicini di casa?

Temiamo, molto poco.

 

(1) L’utilizzo di Tinder e delle altre piattaforme di dating online è esploso durante il primo lockdown, registrando anche l’allargamento dell’interesse degli utenti alla ricerca di nuove amicizie, oltre che a nuove relazioni amorose. Nulla fa pensare che ci possa essere una inversione di tendenza nel prossimo futuro, nonostante la fine delle restrizioni (Wiederhold, 2021).

 

Riferimenti bibliografici

Baumeister, R. F., & Leary, M. R. (2017). The need to belong: Desire for interpersonal attachments as a fundamental human motivation. Interpersonal development, 57-89.

Harari, Y. N. (2014). Sapiens. Da animali a dei: breve storia dell’umanità. Milano: Bompiani.

Nardone, G. (2020). La solitudine: capirla e gestirla per non sentirsi soli. Firenze: Ponte alle Grazie

Tomova, L., Wang, K. L., Thompson, T., Matthews, G. A., Takahashi, A., Tye, K. M., & Saxe, R. (2020). Acute social isolation evokes midbrain craving responses similar to hunger. Nature Neuroscience23(12), 1597-1605.

Travaglino, G. A., & Moon, C. (2020). Explaining compliance with social distancing norms during the COVID-19 pandemic: the roles of cultural orientations, trust and self-conscious emotions in the US. Italy, and South Korea.(doi: 10.31234/osf. io/8yn5b).

Wiederhold, B. K. (2021). How COVID has changed online dating—and what lies ahead. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking24(7), 435-436.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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