[vc_row][vc_column][vc_video link=”https://www.youtube.com/watch?v=g60PmnsRrNc”][vc_column_text]La tecnica in Psicoterapia è fondamentale. Ci occupiamo di costruire e mantenere il cambiamento, e siamo quindi tenuti a conoscere approfonditamente la teoria dei problemi che stiamo trattando e la loro pratica.
Ma c’è un altro aspetto che mi colpisce dell’incontro tra lo Psicoterapeuta ed il paziente, ed è quello più propriamente umano, o esistenziale.
Il paziente si presenta a noi nel nostro studio, con la sua storia, il suo problema, e noi abbiamo la nostra storia e spesso i nostri problemi, e la rete di causalità che hanno fatto sì che entrambi fossimo lì in quel momento è così intricata e ramificata da risultare imperscrutabile. In altre parole, nel momento in cui vediamo il nostro paziente per la prima volta realizziamo un evento che è stato costruito tramite una rete complessissima di scelte, influenze, incontri, rifiuti, delusioni, gioie e dolori sia da parte nostra che da parte sua. E’ un aspetto che mi ispira molto rispetto, dato che ha a che fare con il lato misterioso del nostro stare nel mondo. E allora si stabilisce un ‘contratto terapeutico’ che regola questo scambio umano.
Il testo di Virginia Satir si può leggere in inglese, è il capitolo “The tools of the Therapist”, conclusivo a pagina 513 del testo: Developing Ericksonian Therapy: State of the Art, a cura di Jeffrey Zeig e Stephen Lankton, edito da Brunnel Mazel, New York.
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Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta a Firenze e Parma
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