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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

 

….in principio era la dieta.

 

Un regime dietetico è quel breve periodo di privazioni che precede un aumento di peso.
(Anonimo)

La soddisfazione per il proprio corpo è un tema di primaria importanza durante l’arco di vita, ed in special modo durante adolescenza. Ma mentre la mancanza di soddisfazione per i maschi si concentra su una supposta mancanza di muscoli (in antitesi con i modelli proposti da televisione e cinema), quella femminile si concentra sulla magrezza e sull’eliminazione della massa grassa. Per questo motivo, i disturbi alimentari come la Bulimia, l’Anoressia o il Vomiting (vedi approfondimento) colpiscono soprattutto la popolazione femminile, anche se non mancano eccezioni significative (McCabe e Ricciarelli, 2001).

La Tentata Soluzione prevalente per perdere peso è, ovviamente, mettersi a dieta. Ne esistono di tutti i tipi, esistono diete a base di verdura e frutta, a base di proteine, a base di gelato e (incredibilmente!) a base di pizza. Tutte promettono la perdita della massa grassa, la diminuzione del peso corporeo e un fisico più attraente, slanciato e (chiaro!) magro. La maggior parte di queste si basano su un semplice principio: se la massa grassa si viene a costituire in virtù del fatto che vengono introdotte nel corpo più calorie di quante ne vengano consumate, è necessario diminuire l’importo calorico per dimagrire. Si tratta di un ragionamento lineare, apparentemente logico, ed assolutamente distruttivo (Rossi et al., 2014). Esso non tiene conto, infatti, delle peculiari modalità che ha il nostro corpo di immagazzinare calorie o di bruciarle, come anche degli effetti che diverse sostanze hanno nel corso della giornata.

 

Diete e primi circoli viziosi in adolescenza

 

Patton et al (1999) hanno rilevato nella loro ricerca che gli adolescenti che si erano sottoposti ad una dieta restrittiva avevano una probabilità di circa 18 volte maggiore di sviluppare un disturbo alimentare nei sei mesi successivi; tale probabilità era invece “solo” di 5 volte maggiore, rispetto a chi non aveva intrapreso percorsi dimagrenti, in chi aveva affrontato una dieta leggera.

Ironicamente, Neumark-Sztainer et al. (2006) hanno rilevato che ‘stare a dieta’ non determinava, sei mesi più tardi, alcuna diminuzione del peso o dell’indice di massa corporea (BMI). Al contrario, il BMI risultava essere significativamente più alto, come la tendenza ad essere sovrappeso; stare a dieta, in altre parole, fa ingrassare (Nardone, 2007).

Tra i comportamenti più ‘insani‘ di controllo del peso, quelli maggiormente correlati allo sviluppo di un disturbo alimentare, a distanza di qualche mese, sono: digiunare, assumere sostituti nutritivi al cibo (ad esempio, bevande o pillole vitaminiche), saltare i pasti, fumare più sigarette nella speranza di dimagrire, assumere pillole dietetiche, il vomito autoindotto, utilizzare lassativi o diuretici. Tali comportamenti sono associati sia allo sviluppo di un disturbo alimentare basato sulla perdita di controllo e le conseguenti abbuffate (Bulimia o Binge Eating Disorder) sia allo sviluppo di comportamenti di controllo estremo del peso, che strutturandosi e cristallizzandosi possono portare all’Anoressia. Parallelamente, come fa osservare Cotrufo (1999), sembra esserci un progressivo aumento delle cosiddette sindromi sub-cliniche, situazioni cioè in cui i sintomi non permettono di formulare una diagnosi utilizzando i manuali diagnostici tradizionali, ma in cui le (o “i”) giovani pazienti tendono ad “assumere comportamenti simil-anoressici e/o simil-bulimici”; tanto più difficili da identificare e trattare.

 

Se la dieta funziona, tanto vale continuare: l’Anoressia

 

Si parla di Anoressia per riferirsi ad una condizione in cui la persona è costantemente impegnata nella perdita di un (supposto) eccessivo peso corporeo, tramite la restrizione alimentare. La ragazza (o il ragazzo) ha iniziato qualche mese prima la dieta, e si è accorto/a di essere in grado di mantenerla. La dieta è stata di successo; la bilancia ha confermato la bravura dell’aspirante asceta nel rispettare le regole (fornite da un esperto, autoimposte o reperite su Internet). Accade però un fenomeno peculiare; se il peso diminuisce per la bilancia, non lo fa altrettanto per gli occhi, che continuano a percepire grasso, molto grasso, troppo grasso. Aggiungiamo un dato: le classiche diete ipocaloriche provocano sì una diminuzione ponderale, ma l’effetto si attenua dopo un paio di mesi; il peso non cala più, e anche ciò che è stato perso era costituito soprattutto da acqua e muscoli (Rossi et al., 2014). In altre parole: si sono indebolite le parti più sane del corpo, mantenendo pressochè intatto il grasso. Spesso, però, il circolo vizioso disfunzionale si è attivato, e alla dieta (che ormai non funziona) ne verranno sostituite altre, sostenute da complicati calcoli calorici, e a volte da tentativi di eliminare la massa grassa tramite una forsennata attività fisica. Gli effetti del processo tramite il quale si costruisce la prigione dell’anoressia possono essere devastanti.

 

Dovrei stare a dieta, ma poi cedo e mi abbuffo: la Bulimia

 

Gli studi longitudinali (che studiano cioè l’evolversi di un determinato problema nelle stesse persone nell’arco di anni) hanno mostrato come spesso le persone non riescano a mantenere le condotte anoressiche, sviluppando altre forme di disturbi alimentari, come la Bulimia. Quest’ultima è caratterizzata, come l’Anoressia, da una costante preoccupazione per il proprio peso corporeo, ma il controllo ferreo sulla dieta e l’alimentazione cede il posto più o meno occasionalmente ad abbuffate. Si viene a creare una vera e propria alternanza tra i due poli (mi trattengo e restringo, vengo travolto/a e mi abbuffo); il rapporto naturale ed istintivo con il cibo viene a mancare. Quando la persona può scegliere cosa mangiare restringe, oppure sente ‘un demone’ impossessarsi di lei, e mangia fino a scoppiare. Per smaltire le calorie aggiuntive acquisite, la Bulimica si impegna in attività fisica oppure ad espellere il cibo appena ingerito tramite il vomito.

 

Mi abbuffo, e poi cerco di rimediare: il Vomiting

 

In alcuni casi il vomito autoindotto, da strategia contenitiva ed eliminatoria, può diventare una vera e propria dipendenza da un piacere inconfessabile: quello dell’abbuffata segreta, in cui abbandonarsi al cibo proibito, seguita dal vomito, che (si pensa) permetta di non ingrassare senza conseguenze, e senza lasciare tracce. Dalla ricerca-intervento (Nardone, Verbitz, Milanese, 1999) emerge un fenomeno peculiare: la sequenza dell’abbuffarsi e vomitare, in principio utilizzata come modo per evitare l’aumento di peso assume, con il tempo e la ripetizione, caratteristiche particolari. Essa tende a strutturarsi come una compulsione che intrappola la persona nel circolo del piacere trasgressivo, ma potenzialmente molto pericoloso: oltre a lacerazioni delle labbra e degli angoli della bocca, danni ai denti e alle gengive, provoca l’abbassamento del livello di magnesio, sodio e potassio nel sangue, causa di serie problematiche cardiache.

 

l’intervento della Terapia Breve Strategica

 

Esistono molte Psicoterapie possibili nei confronti dei Disturbi Alimentari. Uno di quelli che negli ultimi vent’anni hanno prodotto i risultati più interessanti è l’Approccio della Psicoterapia Breve Strategica (Nardone et al., 1999; Nardone, 2007; Nardone & Selekman, 2011), che, sulla base di uno studio attento e meticoloso dei meccanismi di costruzione e mantenimento del problema, ha creato specifici protocolli in grado di far collassare il disturbo su sè stesso fino a farlo collassare. Tale Approccio, finalizzato alla massimizzazione dell’efficacia e dell’efficienza terapeutica, permette di ottenere miglioramenti in tempi rapidi, solitamente nell’arco di 4/5 sedute, permettendo di evitare un prolungamento della sofferenza esistenziale dell’individuo e della famiglia coinvolti.

 

Riferimenti bibliografici

Becker, A. E., Burwell, R. A., Herzog, D. B., Hamburg, P., & Gilman, S. E. (2002). Eating behaviours and attitudes following prolonged exposure to television among ethnic Fijian adolescent girls. The British Journal of Psychiatry, 180(6), 509-514.

Cotrufo, P. (1999b) Definizione epidemiologica e significato clinico delle sindromi parziali dei disturbi del comportamento alimentare. In CONGRESSO NAZIONALE DELLA SEZIONE DI PSICOLOGIA CLINICA (p. 32).

Dalle Grave, R. (2003). Anoressia nervosa. Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, 1(1), 5.

Gilligan, S. (1997). The courage to love: Principles and practices of self-relations psychotherapy. WW Norton & Company.

McCabe, M., & Ricciardelli, L. (2001). Parent, peer and media influences on body image and strategies to both increase and decrease body size among adolescent boys and girls. Adolescence, 36(142), 225-240.

Neumark-Sztainer, D., Wall, M., Guo, J., Story, M., Haines, J., & Eisenberg, M. (2006). Obesity, disordered eating, and eating disorders in a longitudinal study of adolescents: how do dieters fare 5 years later?. Journal of the American Dietetic Association, 106(4), 559-568.

Nardone, G. (2007). La dieta paradossale. Ponte alle Grazie.

Nardone, G., Valteroni, E. (2017). Anoressia giovanile. Una terapia efficace ed efficiente per i disturbi alimentari. Firenze: Ponte alle Grazie.

Nardone, G., & Selekman, M. (2011). Uscire dalla trappola. Ponte alle Grazie.

Nardone, G., Verbitz, T., & Milanese, R. (1999). Le prigioni del cibo: vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi. Ponte alle Grazie.

Patton, G. C., Selzer, R., Coffey, C., Carlin, J. B., & Wolfe, R. (1999). Onset of adolescent eating disorders: population based cohort study over 3 years. BMJ : British Medical Journal, 318(7186), 765–768.

Rossi, P. L., Speciani, L., Ongaro, F., Bossi, M., & Bergami, L. (2014). Dieta o non dieta: Per un nuovo equilibrio tra cibo, piacere e salute. Ponte alle Grazie.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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