Il suono del Valzer dei Fiori di Tchaikovsky mi accompagna in questo umido pomeriggio di Dicembre. La sua musica sinuosa e ammiccante mi racconta di mondi che non ho mai conosciuto, con la loro eleganza, il portamento, la camminata lunga e maestosa. La sensazione del mio peso sul divano mi riporta ad una molto meno edificante realtà, in compagnia di uno strascico post-vacanze di Natale che, già quasi intimo amico, mi segue dovunque vada. La fiamma si agita nella stufa, i suoi colori animano la stanza, lasciandola al contempo tranquilla. Mio figlio gioca con una scatola di cracker abbandonata sul tavolino di noce in salotto.
Quanto eterno può essere un istante?
Nella stufa comincia a mancare la legna, toccherà andare a prenderla. Mio figlio mi porta un libriccino sugli animali della fattoria, chiede antidemocratico che glielo legga. Tchaikovsky sta per concludere il movimento, ed il divano, che fino a poco fa si prestava accogliente al mio posteriore, sembra ora rifiutarlo con sempre maggior decisione.
E quanto è sempre di passaggio?
Presto attenzione al libriccino che mi viene porto. L’eternità è ormai lontana.
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