Mentre scrivo ho appena concluso la lettura di un articolo sulla situazione in Brasile: mentre il governo del Presidente Bolsonaro nega la pandemia in corso e incoraggia tutti a proseguire la propria vita di sempre con una serie di proclami che hanno dell’incredibile (ovviamente incredibile dal punto di vista dei cittadini comuni: dal punto di vista delle lobby che probabilmente rappresenta sono molto più credibili), un importante cartello di narcotrafficanti di Rio de Janeiro, chiamato Comando Vermelho, ha intimato ai residenti delle zone della città sotto il suo controllo di “restare a casa, con le buone o con le cattive”.
E’ solo uno degli esempi di come questa emergenza riesca a cortocircuitare i costrutti che regolarmente usiamo per interpretare la realtà che viviamo, creando nuovi paradossi che, sostituendosi a quelli a cui eravamo abituati, ci appaiono nuovi e inquietanti a tratti, altre volte curiosi o persino ironici.
E se nell’interessante raccolta di contributi “La complessità di un’epidemia” Marinella de Simone puntualizza che
L’epidemia ci sta insegnando che occorre credere che sia vero
passato il diniego che in molti (se non in tutti) ha albergato nelle prime fasi, possiamo da un lato guardare con più indulgenza chi, in altri Paesi, si dibatte nello stesso conflitto che in precedenza era toccato a noi, dall’altro chiederci a cosa credere.
Che sia vera l’epidemia, certo. Ma tale è il livello di complessità di ciò che sta accadendo, a livello personale, sociale di una regione o di uno stato, e infine globale, che il futuro ci sfugge, è indistinto, si fa nebbioso nei contorni, sfocato nei dettagli, come una vecchia foto rovinata dal tempo. Passato e futuro si assomigliano oggi, nella loro inafferrabilità.
E allora ci affezioniamo ai numeri, che con la loro matematica implacabilità (“la matematica non è un’opinione, no?” peccato che sia vero fino ad un certo punto; i numeri, difatti, non hanno opinioni, ma chi li raccoglie quasi sempre) paiono fornirci una rassicurante stampella, lasciandoci sperare che nei meandri misteriosi della loro interpretazione risieda il santo graal delle risposte: quando e come finirà, e cosa accadrà dopo?
Non ci sono risposte, e questa è la seconda cosa a cui iniziare a credere. Possiamo cercare di intuire l’inclinazione, la propensione o con le parole di Francois Jullien il “potenziale di situazione”, inteso come un processo in cui, nell’impossibilità di costruire un piano dettagliato, si procede per rivelazione, interagendo con i nuovi contesti che si verranno a creare. Cercando, per quanto possibile, di evitare i dinieghi.
Riferimenti bibliografici
(a cura di) De Simone, Marinella (2020). La complessità di un’epidemia. Complexity Institute.
Jullien, F. (2008). Sull’efficacia. Cina e Occidente a confronto. Il Sole 24 Ore, Milano.
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