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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

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Il rito è un pensiero in atto.

Gerard Calvet

I rituali possono essere definiti come sequenze di comportamento fisse, messe in atto seguendo una precisa processualità.

Si tratta quindi di insiemi di azioni, che si susseguono le une alle altre seguendo precisi ritmi e sequenze, che sono dotate di un significato che prescinde dall’azione stessa. Si ritrovano sequenze di rituali già nel mondo animale (dove anzi sono stati studiati per la prima volta), come anche nei gruppi umani allargati, come tribù e villaggi, nella famiglia ed infine nelle persone. Essi possono ricoprire una varietà di funzioni, anche se come vedremo, servono innanzitutto a costruire realtà che possono portare benessere oppure patologia, come accade nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Ma vediamoli nei loro diversi ambiti.

Rituali negli animali

Lo svasso è un tipo di uccello acquatico presente in molti paesi europei, ed anche in Italia. La sua parata nuziale consiste in un complesso rituale che include una serie di comportamenti ‘presi in prestito’ da altri contesti, come ad esempio situazioni di paura, di attacco aggressivo, e dell’accoppiamento vero e proprio. In altre parole comportamenti ed atteggiamenti provenienti da situazioni diverse sono ‘incorporati’ all’interno della parata nuziale, ed essi assumono un significato diverso durante il trasferimento. Secondo Bonino (1987), tale trasformazione di significato avviene in vari modi, tra cui: un atto funzionale cambia la sua funzione; oppure movimenti intenzionali che precedono regolarmente un atto, diventano da soli elementi di segnale durante la ritualizzazione. Ecco due esempi che ci coinvolgono in quanto mammiferi:

  1. molti studiosi pensano che il bacio sulla bocca sia un comportamento che deriva da antichissime forme di nutrizione della prole da parte della madre, evolvendo fino a diventare il simbolo per eccellenza di amore romantico o attrazione sessuale.
  2. Digrignare i denti, in molti mammiferi compreso l’uomo è il segnale che precede l’attacco violento. Anch’esso si è evoluto, divenendo sempre più un segnale di minaccia e di intimidazione, piuttosto che non l’immediato precedente dell’attacco.
Rituali e culture

Nel corso della storia i rituali, all’interno di comunità più o meno allargate, hanno mostrato una medesima capacità di adattamento e modifica, al fine di integrare i cambiamenti e modificare i significati. Alcuni rituali tribali hanno, ad esempio, integrato nella sequenza la figura del colonizzatore, rappresentato in forma simbolica all’interno del rituale (Beneduce, 2002). Anche il cattolicesimo ha mostrato una simile flessibilità, facendo proprie festività pagane preesistenti e rendendole parte della ritualità religiosa.

Rituali in famiglia

I rituali hanno da sempre la funzione di compattare le relazioni fra i membri di un gruppo, e la famiglia non fa differenza. Una semplice abitudine, come ad esempio il momento del pasto, diventa un rituale nel momento in cui, ripetuta nel tempo, assicura un ruolo attivo ai diversi membri (compresi i figli, che a livello educativo beneficeranno non poco dell’acquisizione di qualche abilità casalinga!), reificando la realtà della loro comune appartenenza. Il Natale, evento simile anche se meno frequente, ha una funzione per certi versi analoga: durante i festeggiamenti i parenti, anche se lontani, si ritrovano, ri-dichiarano il legame che li unisce, ri-costruiscono la relazione, a volte indebolita dalla lontananza (Spagnola e Fiese, 2007). Molti altri tipi di rituali familiari hanno l’importante funzione di fornire stabilità alla vita familiare fungendo da organizzatori. Tramite questi ultimi essa può riuscire ad attraversare con successo periodi di stress e crisi (Fiese et al., 2002).

E’ importante notare come i rituali familiari hanno anche importanti implicazioni per il benessere psicologico della prole (Compañ e colleghi, 2002): gli adolescenti che condividono momenti, più o meno ritualizzati, in cui svolgere attività insieme al resto dei membri della famiglia hanno un rischio significativamente minore di sviluppare una psicopatologia, come se il rituale svolgesse il ruolo di ‘contenitore’ esterno in grado di supportare lo sviluppo di una personalità stabile.

Rituali personali

I rituali personali sono ‘espressioni dello specifico modo dell’individuo di essere in relazione con i propri simili’ (Bonino, 1987) e, aggiungiamo per amor di completezza, con sè stessi. Riflettono specifiche modalità ripetitive di interazione con sè stessi e con gli altri che definiscono la relazione; in altre parole essi, come per i rituali familiari e sociali descritti in precedenza, creano significato, colorano con particolari lenti l’esperienza.

Alcune compagnie teatrali si riuniscono in cerchio compiendo movimenti, gesti ed azioni ritualizzate prima di salire sul palco; alcuni atleti compiono azioni (preghiere, riti propiziatori) ripetitive prima di affrontare la gara o la performance. Il mondo del calcio non fa eccezione, proponendo un ampio e variegato menù di rituali propiziatori pre-partita (toccare la traversa, indossare determinati capi di abbigliamento, allacciare le scarpe in un certo modo, eccetera; vedi Nardone et al., 2012). Ma ancora di più, ognuno di noi ha specifici modi di svegliarsi e di fare colazione, di andare a letto, di mangiare e di svolgere una moltitudine di attività quotidiane, sequenze senza le quali abbiamo la sensazione spiacevole che manchi qualcosa. Si tratta di piccoli rituali che ci permettono di mantenere un senso di coerenza al di là del mutare delle giornate, costruiscono il nostro essere noi, e comunque noi, nel mondo.

Rituali e Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Tutte questi aspetti del rituale sono sfaccettature di una stessa pietra preziosa, quella attraverso cui l’uomo è riuscito nel corso dei secoli, attraversando infiniti cammini e travolgenti trasformazioni a mantenere un senso di integrità e continuità nel tempo (sia di gruppo che individuali). Ma quest’ultima diventa anche un gioiello maledetto qualora si avviti su sè stesso, quando fa parte del disturbo che ha rappresentato per anni la bestia nera della psichiatria: il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (leggi di più). Tale complesso e invalidante problema si basa proprio sulla ripetizione compulsiva e incontrollata di rituali; finalizzati a controllare o a rassicurarsi contro le ossessioni, cioè dubbi, pensieri, immagini o sensazioni indesiderate e spiacevoli, i rituali, creazioni che si ribellano al loro creatore, diventano una prigione e la persona il prigioniero, incapace di sottrarsi all’autoinflitto compito di rafforzare giorno dopo giorno i bastioni che lo circondano. Se fosse possibile dimenticarsi il fatto che tale disturbo è tra i più invalidanti e pervasivi, potrebbe sembrare ironico il fatto che i rituali vengono ripetuti e diventano compulsivi proprio perchè dapprincipio hanno svolto bene la loro funzione. La persona si è sentita rassicurata e rasserenata dell’ossessione; ne ha concluso di dover ripetere il rituale, che è diventato così irrinunciabile, fin quando si è trovata risucchiata nel vortice micidiale della patologia.

Rituali Terapeutici

Nei gruppi

I rituali terapeutici fanno parte dell’arsenale di interventi che le medicine tradizionali propongono al fine di migliorare il benessere o curare le patologie dei membri del gruppo. Essi possono o meno contemplare il supporto di forme artistiche o suggestive, come la musica, ritmi ripetitivi o canti e balli. Come ci ricorda Fritjof Capra (1982) “Il carattere più eminente della concezione sciamanica della malattia è la convinzione che gli essere umani siano parte integrante di un sistema ordinato e che ogni malattia sia la conseguenza di una qualche disarmonia con l’ordine cosmico”. I rituali, taumaturgici interventi di gruppo, hanno precisamente la funzione di ristabilire tale armonia. E’ degno di nota anche il fatto che alcune moderne psicoterapie hanno ereditato una rigida struttura rituale di gruppo, come ad esempio lo Psicodramma; anche qui, la presenza di una sequenze interattive ripetitive permette la creazione di un setting rassicurante, all’interno del quale possono essere sperimentate nuove forme interattive (Landy, 1999).

In famiglia

Per Selvini-Palazzoli e colleghi (1978) il rituale è “un’azione o di una serie di azioni, combinate di solito con formule o espressioni verbali, cui sono tenuti a partecipare tutti i membri della famiglia. [Esso] è piuttosto la prescrizione ritualizzata di un gioco le cui norme nuove tacitamente sostituiscono quelle precedenti”. In seno alla famiglia, la patologia di un membro è sostenuta ed alimentata da modelli interattivi statici e disturbanti, che possono essere scardinati tramite l’utilizzo di rituali (Nardone ed altri, 2001).

Con alcune famiglie interattivamente ‘caotiche’, lo psicoterapeuta può anche lavorare per creare dal nulla rituali familiari prima inesistenti, come ad esempio il momento del pasto congiunto oppure attività da svolgere insieme, tra genitori e figli. Si tratta di routine dense di significato che hanno mostrato un grosso potere preventivo del disagio e della sofferenza mentale e relazionale (Compañ et al., 2002).

In altri casi la famiglia ha vissuto, come gruppo, traumi dolorosi e travolgenti, come ad esempio l’esilio dalla terrà natìa. I vari membri in questi casi possono condividere l’assenza di elaborazione, e lo psicoterapeuta può strutturare un rituale familiare che faciliti l’integrazione e la narrazione reciproca dei diversi vissuti (Woodcock, 1995).

Controrituali personali

Vediamo quindi come il rituale possa assumere un importante ruolo terapeutico nella vita delle comunità e delle famiglie. Esso diventa patologia quando si fa caratteristica principale di un disturbo sempre più diffuso, causa di invalidità devastanti, arrivando a bloccare progettualità e relazioni, rese ostaggio dalla realtà patologica: il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (leggi articolo).

E’ però interessante che il rituale stesso costituisca il sintomo peculiare del disturbo, e che possa anche costituirne la cura. In linea con la tradizione della Psicoterapia Breve Strategica, che si propone di calzare l’intervento terapeutico al paziente piuttosto che il contrario (Nardone e Watzlawick, 1990), il rituale può diventare la chiave che permette di sbloccare la patologia in tempi sorprendentemente brevi, portando le compulsioni al collasso e aprendo la strada alla modifica delle percezioni e cognizioni patologiche (Nardone e Portelli, 2013).

Alcuni autori hanno anche sperimentato degli interventi basati sulla ritualizzazione del distacco da un defunto, in modo da favorire l’accettazione della perdita e la metabolizzazione del dolore, con buon risultati (Van der Hart e Goossens, 1987).

Conclusioni

I rituali sembrano quindi essere un fondamentale umano, un contenitore che attraverso le culture e la storia mantiene una forma simile, pur riempito di un contenuto diverso. Esso svolge importanti funzioni, tra cui il passaggio da un’età all’altra della vita, simboleggiare il legame di appartenenza ad una comunità, costruire legami e significati comuni, metabolizzare eventi stressanti o traumatici, ed altri ancora. Mostrano queste qualità anche quando i rituali stessi diventano fonte di patologia, mostrando come essi possono diventare la chiave per la guarigione, come Hahnemann elegantemente riassume:

Similia similibus curantur.

 

Dott. Giacomo Crivellaro, Psicologo Psicoterapeuta
a Firenze e Parma
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Bibliografia

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Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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