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Giacomo Crivellaro | Psicologo Psicoterapeuta
Terapia Breve Strategica e Ipnosi
Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)

Molti teorici di ispirazione Kraepeliniana, psichiatri biologicisti, sostengono che i sintomi psicotici in genere siano riconducibili a patologie biologiche cerebrali (che ho discusso qui e qui). Una alternativa a tale prospettiva, che implicitamente condanna il paziente a una malattia cronica, e ad una vita segnata irrimediabilmente, è valutare quanto un episodio psicotico possa essere superato, oppure superabile. Vediamo quindi in quali termini in letteratura si è parlato di crisi psicotiche temporanee; la prima denominazione è quella di psicosi isterica. Molti psichiatri, infatti, lungi dal mettere in discussione l’idea che i sintomi psicotici siano frutto di una malattia organica, vedono le persone che soffrono di tali sintomi in forma transitoria come sofferenti di un disturbo di conversione; sorta di pseudo-psicosi.

Tali sindromi, come vedremo, sono riconducibili in parte alla presenza di traumi e stressor acuti subito precedenti alla crisi, ma per la gran parte devono essere ricondotte a meccanismi psicologici (Marneros, 2006). In luoghi e periodi diversi, hanno ricevuto nomi diversi.

 

 

Psicosi Isterica

Nell’articolo di Hollender e Hirsch (1964) gli autori fecero notare che il concetto di “Psicosi Isterica” fosse in uso già da molti anni, anche se mai all’interno dei manuali diagnostici standardizzati. Essa farebbe riferimento ad una serie di sintomi psicotici (allucinazioni, deliri, depersonalizzazioni e comportamento fortemente inusuale) che farebbero seguito a eventi particolarmente stressanti. Si tratta di episodi che raramente durano più di tre settimane e secondo gli autori si ritroverebbero soprattutto in persone con personalità isterica.

Altri (Langness, 1967) hanno pensato di ravvedere in sindromi fortemente connotate culturalmente – fenomeni allucinatori o di possessione in società tribali – dei corrispettivi della Psicosi Isterica. Troviamo però problematico attribuire definizioni tratte dalla psichiatria, frutto della società occidentale, a fenomeni culturali che non appartengono a quella stessa cultura (Bruner, 1992). Tuttavia, concettualizzare alcune sindromi come temporanee e passeggere, invece di causate da patologie organiche, può essere comunque considerato un passo in avanti verso una cura calzata sulla persona, al di là della farmacoterapia (Kuruvilla & Sitalakshmi, 1982).

Alcuni altri (In particolare, Martin, 1971) ha rilevato come, in alcune relazioni di coppia, la presenza di richieste opposte e paradossali (Elkaim, 1992) possa contribuire l’attivazione di sintomi psicotici in uno dei due partner (ai tempi dell’autore, principalmente la moglie); il sintomo diventa quindi una comunicazione di comando (Watzlawick et al., 1971) implicita al coniuge, spinto in questo modo ad attivare determinate modalità di cura verso l’altro. Il sintomo psicotico comincia dunque ad essere inserito all’interno di dinamiche comunicative e interazionali, come sarà poi concettualizzato dal famoso gruppo di Palo Alto

In conclusione, vi sono degli autori (Bishop & Holt, 1980) che si sono sforzati di superare il concetto di “psicosi isterica”, in primo luogo per il mancato sostegno scientifico all’idea che tali sindromi siano caratteristici di persone con personalità isterica, ed in secondo luogo per evitare l’utilizzo di un termine così caratteristico della psicologia freudiana, che rischia di essere confusivo. Fanno anche notare che l’origine psicogena di alcune psicosi non sia caratteristica esclusiva di quelle a breve termine, ma che possa anche essere tipica anche di molte sindromi croniche (Weakland & Watzlawick, 1978).

 

Bouffée Delirante

Anche il concetto di Bouffèe Delirante, originato in Francia, fa riferimento ad alcune manifestazioni di sintomi psicotici transitori, al pari dello scandinavo “Psicosi dissociativa” (vedi sotto) e della già menzionata “psicosi isterica” (Pichot, 1986). In particolare, fa riferimento ad una manifestazione acuta di pensieri paranoici e di deliri, e mira a stabilire una differenza dalla schizofrenia – vista come cronicizzante (Chabrol, 2003). Tale esplosione delirante si verificherebbe soprattutto in tarda adolescenza o nella prima età adulta, la stessa età peraltro in cui esordiscono gran parte delle sindromi psicotiche in generale.

 

Psicosi dissociativa

E’ sempre maggiore il numero di studiosi (Van der Kolk & Van der Hart, 1989) che utilizzano il concetto di dissociazione, introdotto alla fine del 1800 da Pierre Janet e per diversi decenni accantonato come una parentesi spuria della storia della psicologia, per la concettualizzazione del trauma. La dissociazione si verifica quando una persona, messa di fronte ad un evento altamente stressante o traumatico, impossibile da “trattare” con gli usuali meccanismi di processamento cognitivi e della memoria, riduce il campo della sua coscienza, dissociando, appunto, gli affetti e le memorie collegate al trauma.

Le persone che reagiscono allo stress lasciando che l’evento bypassi, salti la consapevolezza, diventano costretti emotivamente e non possono sperimentare un vasto raggio di affetti rimanendo in quello che noi chiameremmo oggi lo stesso stato dell’io. (pag. 1532)

Secondo Moskowitz et al. (2005), considerando l’alta sovrapposizione rilevata in alcuni studi (Logden et al., 2012) tra meccanismi dissociativi e sintomi psicotici, sarebbe ragionevole supporre che le “voci”, o allucinazioni uditive, sono dissociative per definizione: consisterebbero in parti della personalità, dissociate e “cristallizzate” nelle voci. Alcuni autori (Van der Hart et al., 1993) hanno introdotto il concetto di Psicosi Reattiva Dissociativa, integrando quindi l’origine traumatica con il meccanismo psicologico dissociativo, che combinati darebbero origine alla sintomatologia psicotica.

 

Considerazioni sulle psicosi transitorie

 

Secondo Marneros (2006) le cosiddette “sindromi psicotiche transitorie” costituiscono un insieme di fenomeni in grado di mettere in discussione la cosiddetta “dicotomia Kraepeliniana”. Data la loro natura passeggera (spesso hanno un esito favorevole, con la completa scomparsa spontanea dei sintomi), devono quindi mettere i clinici in guardia rispetto al rischio di sovra-diagnosticare la schizofrenia a fronte dei primi sintomi “psicotici”. Tale diagnosi infausta rischia infatti di trasformarsi in una profezia che si autorealizza, un boomerang etichettante che colpisce il lavoro del clinico che l’ha formulata, rendendolo inefficace. Infatti, nonostante anche nel DSM-V siano specificata le diagnosi di “Disturbo Psicotico Breve” e “Disturbo Schizofreniforme” (APA, 2013), esistono segnali che la diagnosi di schizofrenia sia sovrautilizzata, oppure utilizzata male, in special modo nei confronti di pazienti appartenenti a minoranze linguistiche etniche, culturali o religiose (Hampton, 2007, per uno studio europeo vedi Haasen et al., 2000), e tali segnali andrebbero presi molto sul serio, in senso negativo, per i nefasti effetti etichettanti e sul trattamento a cui sono collegati.

La prospettiva di una complessificazione delle sindromi psicotiche, utilizzando una prospettiva multifocale, sebbene più complessa nella pratica della prospettiva “dicotomista” erede di Kraepelin, potrebbe fornire – o sta già fornendo – nuove possibilità diagnostiche e di intervento (Craddok & Owen, 2007). Un esempio di tale complessificazione sono le allucinazioni uditive a volte presenti nei disturbi di personalità, in particolare nel disturbo borderline (Slotema et al., 2012), che meritano uno spazio dedicato.

Resta infine da verificare quanto anche le sindromi psicotiche che si cronicizzano siano da considerarsi “malattie mentali” e non piuttosto reazioni psicotiche transitorie che, in virtù di una quantità di “reti” interattive fra la persona e sè stessa, gli altri ed il mondo, si trasformano in ciò che appare come una patologia organica e cronica, ma che potrebbe essere il risultato del mal-trattamento di sindromi più a breve termine (Nardone et al., 2017). In particolare, sebbene esistano pochi studi condotti in quest’ottica, sembra particolarmente importante, a lato dei sintomi allucinatori/paranoici, la presenza di problemi depressivi o di ritiro sociale, che potrebbero far evolvere condizioni acute in sindromi croniche (Jager, et al., 2003).

 

Leggi anche: Psicoterapia Strategica per Uditori di Voci

 

Bibliografia

Bishop, E. R., & Holt, A. R. (1980). Pseudopsychosis: a reexamination of the concept of hysterical psychosis. Comprehensive psychiatry21(2), 150-161.

Bruner, J. H. (1992). La ricerca del significato. Per una psicologia culturale. Torino: Bollati Boringhieri.

Chabrol, H. (2003). Chronic hallucinatory psychosis, bouffée délirante, and the classification of psychosis in French psychiatry. Current psychiatry reports, 5(3), 187-191.

Craddock, N., & Owen, M. J. (2007). Rethinking psychosis: the disadvantages of a dichotomous classification now outweigh the advantages. World Psychiatry6(2), 84.

Elkaim, M. (1992). Se mi ami non amarmi. Orientamento sistemico e psicoterapia. Torino: Bollati Boringhieri.

Haasen, C., Yagdiran, O., Mass, R., & Krausz, M. (2000). Potential for misdiagnosis amongTurkish migrants with psychotic disorders: a clinical controlled study in Germany. Acta Psychiatrica Scandinavica, 101(2), 125-129.

Hampton, M. D. (2007). The role of treatment setting and high acuity in the overdiagnosis of schizophrenia in African Americans. Archives of psychiatric nursing, 21(6), 327-335.

Hollender, M. H., & Hirsch, S. J. (1964). Hysterical psychosis. American journal of psychiatry, 120(11), 1066-1074.

Jäger, M., Hintermayr, M., Bottlender, R., Strauss, A., & Möller, H. J. (2003). Course and outcome of first-admitted patients with acute and transient psychotic disorders (ICD-10: F23). European archives of psychiatry and clinical neuroscience, 253(4), 209-215.

Kuruvilla, K., & Sitalakshmi, N. (1982). Hysterical psychosis. Indian journal of psychiatry, 24(4), 352.

Langness, L. L. (1967). Hysterical psychosis: the cross-cultural evidence. American Journal of Psychiatry124(2), 143-152.

Longden, E., Madill, A., & Waterman, M. G. (2012). Dissociation, trauma, and the role of lived experience: toward a new conceptualization of voice hearing.Psychological bulletin, 138(1), 28.

Marneros, A. (2006). Beyond the Kraepelinian dichotomy: acute and transient psychotic disorders and the necessity for clinical differentiation. 

Martin, P. A. (1971). Dynamic considerations of the hysterical psychosis. American Journal of Psychiatry128(6), 745-748.

Moskowitz, A. K., Barker-Collo, S., & Ellson, L. (2005). Replication of dissociation-psychosis link in New Zealand students and inmates. The Journal of nervous and mental disease, 193(11), 722-727.

Nardone, G., Balbi, E., Vallarino, A. & Bartoletti, A. (2017). Psicoterapia breve a lungo termine. Trattare con successo anche le psicopatologie maggiori. Firenze: Ponte alle Grazie.

Pichot, P. (1986). The Concept of ‘Bouffée délirante’with Special Reference to the Scandinavian Concept of Reactive Psychosis. Psychopathology19(1-2), 35-43.

Slotema, C. W., Daalman, K., Blom, J. D., Diederen, K. M., Hoek, H. W., & Sommer, I. E. C. (2012). Auditory verbal hallucinations in patients with borderline personality disorder are similar to those in schizophrenia.Psychological medicine, 42(9), 1873-1878.

Van der Kolk, B. A., Van der Hart, O. (1989). Pierre Janet and the Breakdown of Adaptation in psychological trauma. The american Journal f Psychiatry, 146 (12).

Van der Hart, O., Witztum, E., & Friedman, B. (1993). From hysterical psychosis to reactive dissociative psychosis. Journal of Traumatic Stress, 6(1), 43-64.

Watzlawick, P., Beavin, J. H., Jackson, D. D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi. Roma: Astrolabio.

Weakland, J. & Watzlawick, P. (1978). La prospettiva relazionale. I contributi del Mental Research Institute di Palo Alto dal 1965 al 1974. Roma: Astrolabio.



Giacomo Crivellaro; Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Psicologo Psicoterapeuta a Firenze, Parma e Montevarchi (Valdarno)
Sono Psicologo Psicoterapeuta. Diverse esperienze lavorative in alcuni ambiti della Salute Mentale mi hanno portato ad approfondire la Terapia Breve Strategica, approccio che considero il migliore, in ambito psicoterapeutico e non solo. Sono un curioso impenitente, un critico impietoso (anche verso me stesso, ahimè!) e un lettore accanito. Ricevo come Psicologo Psicoterapeuta libero professionista nei miei studi di Firenze, di Parma e a Montevarchi (AR), dove collaboro con il Centro ABA e Psicoterapia Valdarno della Associazione Vento a Favore, di cui sono socio fondatore. Sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore del Centro di Terapia strategica di Arezzo.


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